Haec enim etiam in fabulis stultissima persona est
improvidorum et credulorum senum. Sed nescio quo pacto ab amicitiis perfectorum hominum, id est sapientium (de hac dico
sapientia, quae videtur in hominem cadere posse), ad leves amicitias defluxit oratio. Quam ob rem ad illa prima redeamus eaque
ipsa concludamus aliquando.
Virtus, virtus, inquam, C. Fanni, et tu, Q. Muci, et conciliat amicitias et conservat. In ea
est enim convenientia rerum, in ea stabilitas, in ea constantia; quae cum se extulit et ostendit suum lumen et idem aspexit
agnovitque in alio, ad id se admovet vicissimque accipit illud, quod in altero est; ex quo exardescit sive amor sive amicitia;
utrumque enim dictum est ab amando; amare autem nihil est aliud nisi eum ipsum diligere, quem ames, nulla indigentia, nulla
utilitate quaesita; quae tamen ipsa efflorescit ex amicitia, etiamsi tu eam minus secutus sis.
Versione tradotta
Difatti, questo personaggio stupidissimo
del vecchio sprovveduto e credulone lo si trova anche nei lavori teatrali. Ma non so come dalle amicizie degli uomini perfetti,
cioè dei sapienti (di quella sapienza, intendo, che sembra potersi trovare in un uomo), il discorso è scivolato giù alle
amicizie futili. Perciò torniamo a quel nostro primo argomento e concludiamolo una buona volta.
La virtù, la virtù, dico, o
Gaio Fannio, e tu, mio Quinto Mucio, la virtù concilia e conserva le amicizie. in essa è l'armonia, in essa la stabilità, in
essa la costanza; ora, questa, quando s'è levata e ha mostrato il suo lume e ne ha visto e riconosciuto uno simile in un
altro, a quello s'avvicina e a sua volta riceve la luce che è in quell'altro; di che s'accende sia l'amore sia
l'amicizia: difatti, entrambi traggono il loro nome da «amare»; amare è poi niente altro, se non voler bene a colui che sì
ama, senza pensare ad alcun bisogno da soddisfare, ad alcuna utilità da ricevere; la quale tuttavia spontaneamente fiorisce
dall'amicizia, anche se non si sia andati a cercarla.
- De Amicitia
- De Amicitia di Cicerone
- Cicerone