Marius interea exercitu in hibernaculis composito cum expeditis cohortibus et parte equitatus
proficiscitur in loca sola obsessum turrim regiam quo Iugurtha perfugas omnis praesidium imposuerat. Tum rursus Bocchus seu
reputando quae sibi duobus proeliis venerant seu admonitus ab aliis amicis quos incorruptos Iugurtha reliquerat ex omni copia
necessariorum quinque delegit quorum et fides cognita et ingenia validissima erant. Eos ad Marium ac deinde si placeat Romam
legatos ire iubet agendarum rerum et quocumque modo belli componendi licentiam ipsis permittit. Illi mature ad hiberna
Romanorum proficiscuntur deinde in itinere a Gaetulis latronibus circumventi spoliatique pauidi sine decore ad Sullam
profugiunt quem consul in expeditionem proficiscens pro praetore reliquerat. Eos ille non pro uanis hostibus uti meriti erant
sed accurate ac liberaliter habuit. Qua re barbari et famam Romanorum auaritiae falsam et Sullam ob munificentiam in sese
amicum rati. Nam etiam tum largitio multis ignota erat; munificus nemo putabatur nisi pariter volens; dona omnia in benignitate
habebantur. Igitur quaestori mandata Bocchi patefaciunt; simul ab eo petunt uti fautor consultorque sibi assit; copias fidem
magnitudinem regis sui et alia quae aut utilia aut beneuolentiae esse credebant oratione extollunt. Dein Sulla omnia pollicito
docti quo modo apud Marium item apud senatum verba facerent circiter dies quadraginta ibidem opperiuntur.
Versione tradotta
Mario, intanto, dopo aver
sistemato l'esercito negli alloggiamenti
invernali, con coorti leggere e parte della cavalleria, s'inoltra nel
deserto per assediare un fortilizio regio, ove Giugurta aveva posto un
presidio formato soltanto di disertori.
Allora Bocco nuovamente, sia che
ripensasse a quel che gli era accaduto in due battaglie, sia che desse
ascolto ad altri amici non corrotti da Giugurta, fra i tanti suoi intimi
ne sceglie cinque di provata lealtà e di
intelligenza molto viva. Ordina
che si rechino come ambasciatori prima da Mario e poi, con il suo
consenso, a Roma, e concede loro ampia facoltà di negoziare e di
concludere la pace. Essi partono immediatamente per
i quartieri
invernali romani. Ma durante il viaggio vengono assaliti e derubati da
predoni getuli, e
impauriti e male in arnese si rifugiano presso Silla: il
console, partendo per la spedizione, lo aveva lasciato con
le funzioni di
propretore. Egli li accolse non da nemici infidi, come avrebbero
meritato, ma con riguardo
e generosità, sicché quei barbari si convinsero
che la fama di avidità dei Romani era falsa e che Silla, così
munifico nei
loro confronti, era un amico. In quel tempo, infatti, molti ignoravano
ancora che cosa fosse
la liberalità interessata: chi era considerato
munifico passava implicitamente per amico e ogni dono era visto come
un
segno di generosità. Riferiscono dunque al questore le istruzioni di
Bocco e nello stesso tempo lo
pregano di dar loro aiuto e consiglio. Nel
loro discorso esaltano le forze, la lealtà, la grandezza del re e tutte le
altre doti che credevano utili o adatte a ispirare benevolenza. Quindi,
ottenute ampie rassicurazioni da
Silla e istruiti sul modo in cui parlare
a Mario e poi davanti al senato, rimangono lì in attesa per quaranta
giorni circa.
- Letteratura Latina
- Par. 90-114
- Sallustio