Pro Milone, Paragrafo 103 - Studentville

Pro Milone, Paragrafo 103

Quodnam ego concepi tantum scelus aut quod in me tantum facinus admisi iudices cum illa indicia communis exiti indagavi patefeci protuli exstinxi? Omnes in me meosque redundant ex fonte illo dolores. Quid me reducem esse voluistis? an ut inspectante me expellerentur ei per quos essem restitutus? Nolite obsecro vos acerbiorem mihi pati reditum esse quam fuerit ille ipse discessus. Nam qui possum putare me restitutum esse si distrahar ab his per quos restitutus sum?
Utinam di immortales fecissent–pace tua patria dixerim; metuo enim ne scelerate dicam in te quod pro Milone dicam pie -utinam P. Clodius non modo viveret sed etiam praetor consul dictator esset potius quam hoc spectaculum viderem!

Versione tradotta

Quale sì grave scelleratezza ho commesso o di quale tanto grande delitto mi sono reso colpevole, giudici, nel ricercare, nello scoprire, nel rivelare, nel soffocare quei segni della comune rovina? Da quella fonte scaturiscono dolori d'ogni sorta su me e sui miei. Perché avete voluto che tornassi? Forse perché, sotto i miei occhi, venissero cacciati gli autori del mio ritorno? Vi scongiuro, non consentite che esso sia per me più amaro di quanto lo sia stata la stessa partenza! Come potrei, infatti, considerarmi reintegrato nei miei diritti, se vengo strappato agli autori della mia reintegrazione?
Oh, se gli dèi immortali (sia detto, o patria, con tua buona pace, perché temo che quanto dico, con affetto in difesa di Milone suoni empio nei tuoi confronti), oh, se ad essi piacesse che Clodio non solo fosse in vita, ma che fosse pretore, console, dittatore, piuttosto che io dovessi vedere questo spettacolo!

  • Letteratura Latina
  • Pro Milone di Cicerone
  • Cicerone

Ti potrebbe interessare

Link copiato negli appunti