Marius postquam infecto quo intenderat negotio Cirtam redit et de adventu
legatorum certior factus est illosque et Sullam [ab Utica] venire iubet item L. Bellienum praetorem Vtica praeterea omnis
undique senatorii ordinis quibuscum mandata Bocchi cognoscit. legatis potestas Romam eundi fit et ab consule interea indutiae
postulabantur. Ea Sullae et plerisque placuere; pauci ferocius decernunt scilicet ignari humanarum rerum quae fluxae et mobiles
semper in aduersa mutantur. Ceterum Mauri impetratis omnibus rebus tres Romam profecti duce Cn. Octauio Rusone qui quaestor
stipendium in Africam portauerat duo ad regem redeunt. Ex iis Bocchus cum cetera tum maxime benignitatem et studium Sullae
libens accepit. Romaeque legatis eius postquam errasse regem et Iugurthae scelere lapsum deprecati sunt amicitiam et foedus
petentibus hoc modo respondetur: “Senatus et populus Romanus benefici et iniuriae memor esse solet. Ceterum Boccho quoniam
paenitet delicta gratiae facit: foedus et amicitia dabuntur cum meruerit.”
Versione tradotta
Mario, dopo aver compiuto l'impresa che si era proposta,
ritorna a
Cirta e, informato dell'arrivo dei messi, li fa venire da Tucca insieme a
Silla. Convoca anche
il pretore Lucio Ballieno da Utica e tutti i membri
dell'ordine senatorio da ogni punto della provincia. In loro
presenza
prende in esame le proposte di Bocco. I messi sono autorizzati a recarsi
a Roma; da parte loro
essi chiedono al console una tregua d'armi per quel
periodo. Queste richieste incontrano l'approvazione di Silla e
della
maggioranza dei presenti: pochi fanno proposte più dure, evidentemente
perché ignari delle sorti
umane, che, incerte e mutevoli, si rivolgono
sempre contro di noi. I Mauri, ottenuto ciò che avevano richiesto,
partono: tre per Roma sotto la guida del questore Gneo Ottavio Rusone, che
aveva portato in Africa il denaro per
le truppe, gli altri due per tornare
dal re. Oltre al resto, da questi Bocco apprese con piacere soprattutto la
notizia della benevolenza e della disponibilità di Silla. A Roma i suoi
ambasciatori, dopo aver allegato come
scusa che il loro re era stato
indotto in errore dalla perfidia di Giugurta, chiedevano amicizia e
alleanza. Fu loro data questa risposta: «È costume del senato e del
popolo romano non dimenticare i benefici e le
offese. Nondimeno, poiché
Bocco si dimostra pentito, gli si perdona la colpa. Alleanza e amicizia
gli
saranno concesse quando le avrà meritate».
- Bellum Iugurthinum
- Par. 90-114
- Sallustio