Eumenes - Paragrafo 11 - Studentville

Eumenes - Paragrafo 11

Itaque cum eum in custodiam dedisset et praefectus custodum quaesisset quemadmodum servari vellet `Ut acerrimum’ inquit

`leonem aut ferocissimum elephantum’. Nondum enim statuerat conservaret eum necne. Veniebat autem ad Eumenem utrumque genus

hominum et qui propter odium fructum oculis ex eius casu capere vellent et qui propter veterem amicitiam colloqui consolarique

cuperent; multi etiam qui eius formam cognoscere studebant qualis esset quem tam diu tamque valde timuissent cuius in pernicie

positam spem habuissent victoriae. At Eumenes cum diutius in vinclis esset ait Onomarcho penes quem summa imperii erat

custodiae se mirari quare iam tertium diem sic teneretur: non enim hoc convenire Antigoni prudentiae ut sic deuteretur victo;

quin aut interfici aut missum fieri iuberet. Hic cum ferocius Onomarcho loqui videretur `Quid tu?’ inquit `animo si isto eras

cur non in proelio cecidisti potius quam in potestatem inimici venires?’ Huic Eumenes `Utinam quidem istud evenisset! Sed eo

non accidit quod numquam cum fortiore sum congressus. Non enim cum quoquam arma contuli quin is mihi succubuerit; non enim

virtute hostium sed amicorum perfidia decidi’. Neque id erat falsum. *** Nam et dignitate fuit honesta et viribus ad laborem

ferendum firmis neque tam magno corpore quam figura venusta.

Versione tradotta

Così Antigono lo imprigionò e al capo delle guardie che gli

aveva chiesto come voleva che fosse trattato, rispose: "Come un ferocissimo leone o un elefante dei più selvaggi"; non aveva

infatti ancora stabilito se salvargli la vita o no. Venivano da Eumene tutte e due le categorie di persone: quelli che per

l'odio volevano godere della vista della sua disgrazia e quelli che per l'antica amicizia desideravano parlargli e

consolarlo; molti ancora che desideravano conoscere il suo aspetto, come cioè fosse colui che tanto a lungo e tanto fortemente

avevano temuto e sulla cui rovina avevano riposto la speranza della vittoria. Ma Eumene, protraendosi la sua prigionia, disse

ad Onomarco che aveva la soprintendenza della sua custodia, di meravigliarsi di essere tenuto da tre giorni in quelle

condizioni: non si addiceva alla saggezza di Antigono, di maltrattare così un vinto; ordinasse piuttosto che fosse ucciso o

liberato. Ad Onomarco sembrò che costui parlasse con troppa franchezza, per cui gli rispose: "Che dici mai? se avevi questo

coraggio, perché non sei caduto in battaglia piuttosto che cadere in mano al nemico?". Eumene a lui: "Magari fosse stato così!

Ma così non è stato per il fatto che mai mi sono scontrato con uno più forte: non ho mai affrontato alcuno con le armi, senza

che fosse vinto da me. lo non sono caduto per il valore dei nemici, ma per il tradimento degli amici". E questo era vero.

***Infatti e fu di nobile portamento e abbastanza forte per resistere alla fatica e di corporatura non grande, ma attraente

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