At rex postero die Asparem Iugurthae legatum appellat dicitque
sibi per Dabarem ex Sulla cognitum posse condicionibus bellum poni: quam ob rem regis sui sententiam exquireret. Ille laetus in
castra Iugurthae proficiscitur. Deinde ab illo cuncta edoctus properato itinere post diem octauum redit ad Bocchum et ei
nuntiat Iugurtham cupere omnia quae imperarentur facere sed Mario parum confidere; saepe antea cum imperatoribus Romanis pacem
conventam frustra fuisse. Ceterum Bocchus si ambobus consultum et ratam pacem vellet daret operam ut una ab omnibus quasi de
pace in colloquium veniretur ibique sibi Sullam traderet. Cum talem virum in potestatem habuisset tum fore uti iussu senatus
aut populi foedus fieret; neque hominem nobilem non sua ignavia sed ob rem publicam in hostium potestate relictum iri.
Versione tradotta
Il giorno dopo il
re convoca Aspar, il rappresentante di Giugurta,
e gli dice di aver saputo da Silla, per mezzo di Dabar, che è
possibile, a
certi patti, metter fine alla guerra; lo invita quindi a informarsi delle
intenzioni del suo
re. Aspar, soddisfatto, parte per il campo di
Giugurta; poi, ricevute da lui tutte le istruzioni, dopo otto giorni
di
marce forzate ritorna da Bocco e gli riferisce che Giugurta è disposto a
fare tutto quello che gli verrà
ordinato, ma che si fida poco di Mario,
perché già altre volte la pace conclusa con i generali romani era stata
disattesa. Del resto se Bocco voleva provvedere agli interessi di
entrambi e assicurare la ratifica
dell'accordo, facesse in modo che si
trovassero tutti insieme a colloquio come per trattare della pace e in
quella circostanza gli consegnasse Silla. Se avesse avuto un tale
personaggio in suo potere, il senato e il popolo
romano si sarebbero
decisi a concludere un patto e non avrebbero abbandonato un uomo nobile
caduto in mano
ai nemici non per viltà, ma per servire la repubblica.
- Letteratura Latina
- Par. 90-114
- Sallustio