Quae dum in Asia geruntur, accidit casu, ut legati Prusiae Romae apud T. Quintium Flamininum consularem cenarent atque ibi de
Hannibale mentione facta ex his unus diceret eum in Prusiae regno esse. Id postero die Flamininus senatui detulit. Patres
conscripti, qui Hannibale vivo numquam se sine insidiis futuros existimarent, legatos in Bithyniam miserunt, in his Flamininum,
qui ab rege peterent, ne inimicissimum suum secum haberet sibique dederet. His Prusia negare ausus non est: illud recusavit, ne
id a se fieri postularent, quod adversus ius hospitii esset: ipsi, si possent, comprehenderent; locum ubi esset, facile
inventuros. Hannibal enim uno loco se tenebat, in castello, quod ei a rege datum erat muneri, idque sic aedificarat, ut in
omnibus partibus aedificii exitus haberet, scilicet verens, ne usu veniret, quod accidit. Huc cum legati Romanorum venissent ac
multitudine domum eius circumdedissent, puer ab ianua prospiciens Hannibali dixit plures praeter consuetudinem armatos
apparere. Qui imperavit ei, ut omnes fores aedificii circumiret ac propere sibi nuntiaret, num eodem modo undique obsideretur.
Puer cum celeriter, quid esset, renuntiasset omnisque exitus occupatos ostendisset, sensit id non fortuito factum, sed se peti
neque sibi diutius vitam esse retinendam. Quam ne alieno arbitrio dimitteret, memor pristinarum virtutum venenum, quod semper
secum habere consuerat, sumpsit.
Versione tradotta
Mentre in Asia avvenivano queste cose, accadde per caso che i
legati di Prusia cenassero a Roma presso Tito Quinzio Flaminino ex-console; e che là, fatta menzione di Annibale, uno di quelli
dicesse che era nel regno di Prusia. Il giorno dopo Flaminino riferì (ciò) al senato. Convocati i senatori, i quali, finché
Annibale era vivo, ritenevano che sarebbero mai stati senza insidie, mandarono gli ambasciatori in Bitinia, fra i quali
Flaminino, che chiedeva al re al re di non tenere con sé il loro più grande nemico e di consegnarlo a loro. Ad essi la Prusia
non osò dire di no; ma rifiutò questo, cioè che pretendessero che da lui fosse fatto ciò che era contro il diritto di
ospitalità; lo prendessero loro stessi, se ci riuscivano; essi avrebbero facilmente trovato il luogo in cui era. Annibale,
infatti, si tratteneva in una solo luogo, in una fortezza che gli era stata donata dal re, e l’aveva costruita in modo tale
che avesse in in tutte le quattro parti delledifico le uscite, evidentemente temendo che avvenisse di fatto ciò che accadde.
Essendo arrivati in quel luogo gli ambasciatori dei romani , e avendo già circondato la sua casa con una moltitudine, uno
schiavo guardando dalla porta disse ad Annibale che apparivano più uomini armati del solito. Questi gli ordinò di fare il giro
di tutte le porte della fortezza e di riferirgli rapidamente se fosse circondato allo stesso modo da tutte le parti. Poiché lo
schiavo (gli) aveva riferito rapidamente la situazione e annunciò che tutte le uscite erano state occupate, capì che ciò non
era avvenuto per caso, ma che era proprio lui ad essere ricercato e che non doveva conservare la vita più a lungo. Per non
abbandonarla all’arbitrio altrui, memore delle passate virtù, trangugiò il veleno, che sempre era solito avere con sé
- Letteratura Latina
- Hannibal di Cornelio Nepote
- Cornelio Nepote