Divus Vespasianus, Paragrafo 13 - Studentville

Divus Vespasianus, Paragrafo 13

Amicorum libertatem causidicorum figuras ac philosophorum contumaciam lenissime tulit.

Licinium Mucianum notae impudicitiae sed meritorum fiducia minus sui reverentem numquam nisi clam et hactenus retaxare

sustinuit ut apud communem aliquem amicum querens adderet clausulam: Ego tamen vir sum. Salvium Liberalem in defensione divitis

rei ausum dicere: Quid ad Caesarem si Hipparchus sestertium milies habet? et ipse laudavit. Demetrium Cynicum in itinere obvium

sibi post damnationem ac neque assurgere neque salutare se dignantem oblatrantem etiam nescio quid satis habuit canem

appellare.

Versione tradotta

Sopportò con estrema

indulgenza la libertà dei suoi amici, le allusioni degli avvocati e l'offesa dei filosofi. Fu a tal punto capace di non

rimproverare mai, se non in privato, Licinio Muciano, uomo di nota scostumatezza, irriverente per i servizi resi, che,

lamentandosi con un amico comune, concluse: «sono un uomo anch'io». Lui stesso lodò Salvio Liberale osò dire, in difesa di un

ricco: «Che importa a Cesare se Ipparco possiede cento milioni di sesterzi?». Ritenne sufficiente chiamare “cane” Demetrio

Cinico che, davanti a lui per strada, dopo la condanna, non si era degnato né di alzarsi, né di salutarlo e aveva blaterato

anche non so quale ingiuria.

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