Bellum Iugurthinum Paragrafo 13: versioni svolte - StudentVille

Bellum Iugurthinum, Paragrafo 13

Bellum Iugurthinum: versione tradotta del Paragrafo 13

Ceterum fama tanti facinoris per omnem Africam brevi diuulgatur. Adherbalem omnisque qui sub imperio Micipsae fuerant metus

invadit. In duas partis discedunt Numidae: plures Adherbalem secuntur sed illum alterum bello meliores. Igitur Iugurtha quam

maximas potest copias armat urbis partim vi alias voluntate imperio suo adiungit omni Numidiae imperate parat. Adherbal tametsi

Romam legatos miserat qui senatum docerent de caede fratris et fortunis suis tamen fretus multitudine militum parabat armis

contendere. Sed ubi res ad certamen venit victus ex proelio profugit in prouinciam ac deinde Romam contendit. Tum Iugurtha

patratis consiliis postquam omnis Numidiae potiebatur in otio facinus suum cum animo reputans timere populum Romanum neque

aduersus iram eius usquam nisi in auaritia nobilitatis et pecunia sua spem habere. Itaque paucis diebus cum auro et argento

multo Romam legatos mittit quis praecipit primum uti ueteres amicos muneribus expleant deinde nouos aqquirant postremo

quaecumque possint largiendo parare ne cunctentur. Sed ubi Romam legati venere et ex praecepto regis hospitibus aliisque quorum

ea tempestate in senatu auctoritas pollebat magna munera misere tanta commutatio incessit ut ex maxima invidia in gratiam et

fauorem nobilitatis Iugurtha veniret. Quorum pars spe alii praemio inducti singulos ex senatu ambiendo nitebantur ne grauius in

eum consuleretur. Igitur ubi legati satis confidunt die constituto senatus utrisque datur. Tum Adherbalem hoc modo locutum

accepimus:

Versione tradotta

La fama di un così atroce delitto si

diffonde rapidamente per tutta
l’Africa. Aderbale e quanti erano stati sudditi di Micipsa sono atterriti.

I Numidi si dividono in due parti: il maggior numero segue Aderbale, ma i
più bellicosi quell’altro. Giugurta

arruola pertanto il maggior numero
possibile di uomini: annette città, alcune con la forza, altre di loro

volontà, si prepara a sottomettere l’intera Numidia. Aderbale, benché
avesse inviato ambasciatori a Roma per

informare il senato dell’assassinio
del fratello e della sua precaria situazione, tuttavia, confidando nel

gran numero dei suoi soldati, si apprestava a dar battaglia. Ma quando
si venne allo scontro, sconfitto, fuggì dal

campo di battaglia nella
nostra provincia, da dove raggiunse poi Roma. Giugurta, realizzato il
suo disegno

di essere signore incontrastato di tutta la Numidia, ha modo
di ripensare con calma al suo misfatto; comincia allora

a temere il popolo
romano e contro la sua vendetta non vede altra speranza che l’avidità dei
nobili e il

suo denaro. Perciò, pochi giorni dopo, spedisce a Roma
ambasciatori carichi d’oro e d’argento: ordina loro di

colmare di doni i
suoi antichi fautori, di procurarne di nuovi e di non esitare a comprare
tutti gli aiuti

possibili. Giunti gli ambasciatori in Roma e inviati
magnifici doni, secondo gli ordini del re, agli ospiti di

Giugurta e ai
senatori in quel periodo più influenti, vi fu un tale cambiamento che i
nobili passarono

dalla più viva indignazione alla simpatia e al favore per
Giugurta. Alcuni indotti dai doni promessi, altri da

quelli ricevuti,
circuivano i senatori a uno a uno, adoperandosi perché non si procedesse
con troppo rigore

contro di lui. Pertanto, quando gli ambasciatori si
sentirono abbastanza sicuri, in un giorno stabilito il senato

concesse
udienza a entrambe le parti. Ci risulta che in quell’occasione Aderbale
parlò così:

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