Neque enim assentior iis qui haec nuper disserere coeperunt, cum corporibus
simul animos interire atque omnia morte deleri; plus apud me antiquorum auctoritas valet, vel nostrorum maiorum, qui mortuis
tam religiosa iura tribuerunt, quod non fecissent profecto si nihil ad eos pertinere arbitrarentur, vel eorum qui in hac terra
fuerunt magnamque Graeciam, quae nunc quidem deleta est, tum florebat, institutis et praeceptis suis erudierunt, vel eius qui
Apollinis oraculo sapientissimus est iudicatus, qui non tum hoc, tum illud, ut in plerisque, sed idem semper, animos hominum
esse divinos, iisque, cum ex corpore excessissent, reditum in caelum patere, optimoque et iustissimo cuique expeditissimum.
Versione tradotta
lo non posso infatti esser del parere di quelli che hanno
preso a sostenere, or non è molto che l'anima perisce insieme col corpo e ogni cosa è distrutta dalla morte, vale di più per
me l'autorità degli antichi, o dei nostri antenati, i quali assegnarono ai morti così sacri diritti, cosa che non avrebbero
certo fatto, se avessero pensato che nulla potesse avere importanza per essi; o dì quelli i quali vissero in questa terra, e
istruirono la Magna Grecia, che ora è sì distrutta ma allora fioriva, con gli istituti e gli insegnamenti loro; o di colui, che
dall'oracolo di Apollo fu giudicato l'uomo più sapiente, il quale non diceva ora una cosa ora un'altra, come i più
fanno, ma sempre la medesima cosa, cioè che l'anima dell'uomo è divina e le è dischiuso il ritorno al cielo, tanto più
facilmente quanto più uno è buono e giusto.
- Letteratura Latina
- De Amicitia di Cicerone
- Cicerone