Itaque a maledictis pudicitiaea ad coniurationis invidiam oratio est vestra delapsa. Posuistis enim atque id tamen titubanter et strictim coniurationis hunc propter amicitiam Catilinae participem fuisse; in quo non modo crimen non haerebat sed vix diserti adulescentis cohaerebat oratio. Qui enim tantus furor in Caelio quod tantum aut in moribus naturaque volnus aut in re atque fortuna? ubi denique est in ista suspicione Caeli nomen auditum? Nimium multa de re minime dubia loquor; hoc tamen dico: Non modo si socius coniurationis sed nisi inimicissimus istius sceleris fuisset numquam coniurationis accusatione adulescentiam suam potissimum commendare voluisset.
Versione tradotta
Ma intanto, dalle malignità riguardo ai costumi di Celio il vostro discorso è scivolato via sulla inmgiusta accusa riguardante la congiura. Voi lo avete pur detto, se pure con qualche incertezza e quasi di sfuggita, ch'egli sarebbe stato, per l'amicizia con Catilina, partecipe alla sua congiura. Ma su questo terreno, non solo l'accusa non poté far presa, ma il discorso stesso del mio giovane eloquente avversario a mala pena si teneva in piedi. Donde mai, infatti, una tale dissennatezza in Celio; quando mai uno scompiglio tale nei costumi, nell'indole, nella situazione, nella fortuna sua? E dove mai si sentì il suo nome coinvolto in un tale sospetto? Ma troppo io mi dilungo su una cosa che non lascia ombra di dubbio. Tuttavia questo ancora dirò: che non soltanto se egli fosse stato complice in quella congiura, ma solo che egli non fosse del tutto avverso ad una tale azione criminosa, non si sarebbe mai sognato di cercare il maggiore prestigio alla propria giovinezza nell'accusare altri.
- Letteratura Latina
- Pro Caelio di Cicerone
- Cicerone