At enim Cn. Pompeius rogatione sua et de re et de causa iudicavit: tulit enim de caede quae in Appia via facta esset in qua P. Clodius occisus esset. Quid ergo tulit? nempe ut quaereretur. Quid porro quaerendum est? Factumne sit? at constat. A quo? at paret. Vidit igitur etiam in confessione facti iuris tamen defensionem suscipi posse. Quod nisi vidisset posse absolvi eum qui fateretur cum videret nos fateri neque quaeri umquam iussisset nec vobis tam hanc salutarem in iudicando litteram quam illam tristem dedisset. Mihi vero Cn. Pompeius non modo nihil gravius contra Milonem iudicasse sed etiam statuisse videtur quid vos in iudicando spectare oporteret. Nam qui non poenam confessioni sed defensionem dedit is causam interitus quaerendam non interitum putavit.
Versione tradotta
Ma, si dirà, Gneo Pompeo col suo progetto di legge si è pronunciato sul fatto e sulla questione di diritto, poiché ha presentato una proposta di legge sull'assassinio avvenuto lungo la via Appia, di cui è rimasto vittima Clodio. Ebbene, perché l'ha presentata? Naturalmente perché s'indagasse. Ma s'indagasse su che? Se il fatto è accaduto? Ma è di pubblico dominio. Sull'autore? Ma è noto. Egli ha ben visto, dunque, che pur in presenza di un'ammissione di colpa è possibile basare la difesa sul piano del diritto. Se, difatti, non avesse capito che può essere assolto chi ha confessato, nel vederci ammettere il fatto non avrebbe ingiunto di celebrare il processo né avrebbe dato a voi sia questa lettera di assoluzione sia quella di condanna. Mi sembra anzi che, Gneo Pompeo non solo non abbia espresso un giudizio di una qualche gravità contro Milone, ma abbia fissato ciò che voi dovete tener presente nell'esprimere il vostro giudizio: chi, infatti, non ha stabilito una punizione per il reo confesso, ma gli ha accordato una difesa, ha ritenuto che si dovesse discutere sulla causa dell'omicidio, non sull'omicidio in sé e per sé.
- Letteratura Latina
- Pro Milone di Cicerone
- Cicerone