Etenim,
cum complector animo, quattuor reperio causas, cur senectus misera videatur: unam, quod avocet a rebus gerendis; alteram, quod
corpus faciat infirmius; tertiam, quod privet fere omnibus voluptatibus; quartam, quod haud procul absit a morte. Earum, si
placet, causarum quanta quamque sit iusta una quaeque, videamus. VI. A rebus gerendis senectus abstrahit. Quibus? An eis, quae
iuventute geruntur et viribus? Nullaene igitur res sunt seniles quae, vel infirmis corporibus, animo tamen administrentur?
Nihil ergo agebat Q. Maximus, nihil L. Paulus, pater tuus, socer optimi viri, fili mei? Ceteri senes, Fabricii, Curii,
Coruncanii, cum rem publicam consilio et auctoritate defendebant, nihil agebant?
Versione tradotta
In realtà, quando riassumo (la
questione) nel mio animo, trovo quattro ragioni per le quali la vecchiaia appare infelice: la prima, perché allontana dalle
attività; la seconda, perché rende il corpo più debole; la terza, perché priva di quasi tutti i piaceri; la quarta, perché non
è molto lontana dalla morte. Di tali ragioni, se vi aggrada, vediamo ora quanto sia fondata ciascuna. VI. La vecchiaia
allontana dalle attività Da quali? Da quelle che si compiono in gioventù e con le energie? Forse non ve nè nessuna senile
che, anche col corpo debole, si possa tuttavia esercitare con la mente? Non faceva nulla, dunque, Quinto Massimo, niente Lucio
Paolo, tuo padre, suocero di quelleccellente uomo di mio figlio? [Lucio Emilio Paolo, padre di Scipione Emiliano, vincitore a
Pidna nel 168 a.C. e la cui figlia aveva sposato Marco Porcio Catone Liciniano, figlio primogenito di Catone]. E gli altri
vecchi, i Fabrizi, i Curii, i Coruncani, non facevano niente quando difendevano con giudizio ed autorità lo Stato?
- Letteratura Latina
- De Senectute di Cicerone
- Cicerone
- De Senectute