Mendacium neque dicebat neque pati poterat. Itaque eius comitas non sine
severitate erat neque gravitas sine facilitate ut difficile esset intellectu utrum eum amici magis vererentur an amarent.
Quidquid rogabatur religiose promittebat quod non liberalis sed levis arbitrabatur polliceri quod praestare non posset. Idem
in nitendo quod semel annuisset tanta erat cura ut non mandatam sed suam rem videretur agere. Numquam suscepti negotii eum
pertaesum est: suam enim existimationem in ea re agi putabat; qua nihil habebat carius. Quo fiebat ut omnia Ciceronum Catonis
Marci Q. Hortensii Auli Torquati multorum praeterea equitum Romanorum negotia procuraret. Ex quo iudicari poterat non inertia
sed iudicio fugisse rei publicae procurationem.
Versione tradotta
Menzogne non le diceva né poteva sopportarle. Così la sua
affabilità non era scevra da severità, né la sua serietà senza cordialità; sì che difficilmente si capiva, se gli amici lo
amassero o rispettassero di più. Di qualunque cosa fosse richiesto, era molto cauto nel promettere, perché riteneva che fosse
di persona non liberale ma leggera promettere quello che non si può mantenere. . Ma poi nel mantenere quello che avesse una
volta accordato, metteva un tale impegno, da sembrare che trattasse non un affare affidato da altri, ma suo proprio. Mai ebbe a
pentirsi di un impegno preso; riteneva infatti che in quella faccenda fosse in giuoco la sua riputazione, che era la cosa a cui
teneva di più. . Così egli si trovò a dover trattare tutti gli affari dei Ciceroni, di M. Catone, di Q. Ortensio, di A.
Torquato, inoltre di molti cavalieri romani. Dal che si può giudicare che non tanto per pigrizia, quanto a ragion veduta egli
abbia evitato l'amministrazione dello Stato.
- Letteratura Latina
- De viris illustribus (Atticus) di Cornelio Nepote
- Cornelio Nepote
- De viris illustribus