LAELIUS: Ego vero non gravarer, si mihi ipse confiderem; nam et praeclara res est et
sumus, ut dixit Fannius, otiosi. Sed quis ego sum? aut quae est in me facultas? doctorum est ista consuetudo, eaque Graecorum,
ut iis ponatur de quo disputent quamvis subito; magnum opus est egetque exercitatione non parva. Quam ob rem quae disputari de
amicitia possunt, ab eis censeo petatis qui ista profitentur; ego vos hortari tantum possum ut amicitiam omnibus rebus humanis
anteponatis; nihil est enim tam naturae aptum, tam conveniens ad res vel secundas vel adversas.
Versione tradotta
LELIO: E io non farei certo difficoltà, se avessi fiducia in
me stesso; poiché l’argomento è bellissimo, e poi, come ha detto Fannio, siamo liberi da ogni occupazione. Ma io chi sono?
che capacità ho io? E’ codesto un uso dei filosofi, e più precisamente dei filosofi greci, di porre un problema intorno a
cui discutere anche all’improvviso: è un affare serio, e vuole un esercizio non piccolo. Perciò penso che quel che si può
dire discutendo intorno all’amicizia l’andiate a chiedere a quelli che professano codesta arte; io, solamente vi posso
raccomandare di anteporre l’amicizia a tutte le cose umane: nulla è infatti così conforme alla natura, così adatto e ai
momenti felici e ai momenti avversi.
- Letteratura Latina
- De Amicitia di Cicerone
- Cicerone