De Fato, Paragrafo 18 - Studentville

De Fato, Paragrafo 18

Sic si diceretur, ‘Morietur noctu in cubiculo suo vi oppressus

Scipio’, vere diceretur; id enim fore diceretur, quod esset futurum; futurum autem fuisse ex eo, quia factum est, intellegi

debet. Nec magis erat verum ‘Morietur Scipio’ quam ‘Morietur illo modo’, nec magis necesse mori Scipioni quam illo

modo mori, nec magis inmutabile ex vero in falsum ‘Necatus est Scipio’ quam ‘Necabitur Scipio’; nec, cum haec ita

sint, est causa, cur Epicurus fatum extimescat et ab atomis petat praesidium easque de via deducat et uno tempore suscipiat res

duas inenodabiles, unam, ut sine causa fiat aliquid–, ex quo existet, ut de nihilo quippiam fiat, quod nec ipsi nec cuiquam

physico placet–alteram, ut, cum duo individua per inanitatem ferantur, alterum e regione moveatur, alterum declinet.

Versione tradotta

Così se si

dicesse «Scipione morirà di morte violenta, di notte, nella sua camera da letto» sarebbe vero; infatti si direbbe che sarà quel

che sarebbe stato; che sarebbe stato, lo si evince dal fatto che è stato. E non era più vero «Scipione mori­rà» di quanto non

lo fosse «morirà in quel determinato modo», né era più necessario che Scipione morisse di quanto non lo fosse che morisse in

quel modo, né più immutabile dal vero in falso «Scipione è stato ucciso» di «Scipione sarà ucciso». E tuttavia, pur stando così

le cose, non c'è motivo che Epicuro tema il fato e cerchi aiuto negli atomi, facendo­li deviare dalla loro traiettoria, e

sostenga contemporanea­mente due cose inammissibili: la prima, che qualcosa avvenga senza causa, perciò accadrebbe che qualcosa

nasca dal nulla, il che né lui stesso né alcun fisico ammet­te; la seconda, che mentre due atomi si muovono nel vuoto, uno cada

in linea retta, l'altro invece cambi dire­zione.

  • Letteratura Latina
  • De Fato di Cicerone
  • Cicerone

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