De Senectute, Paragrafo 19 - Studentville

De Senectute, Paragrafo 19

Quam palmam utinam di immortales, Scipio, tibi reservent, ut avi

reliquias persequare! cuius a morte tertius hic et tricesimus annus est, sed memoriam illius viri omnes excipient anni

consequentes. Anno ante me censorem mortuus est, novem annis post meum consulatum, cum consul iterum me consule creatus esset.

Num igitur, si ad centesimum annum vixisset, senectutis eum suae paeniteret? Nec enim excursione nec saltu nec eminus hastis

aut comminus gladiis uteretur, sed consilio, ratione, sententia; quae nisi essent in senibus, non summum consilium maiores

nostri appellassent senatum.

Versione tradotta

Vogliano gli dei immortali, o Scipione, riservarti questa palma, perché tu possa portare a termine l’impresa

lasciata incompiuta di tuo nonno [Scipione l’Africano]! Dalla sua morte sono passati trentatré anni, ma tutti gli anni a venire

serberanno il ricordo di quell’uomo. Morì l’anno prima che io divenissi censore, nove anni dopo il mio consolato e fu eletto

console per la seconda volta mentre io ero console. Forse che se fosse vissuto fino a cento anni si sarebbe rammaricato della

sua vecchiaia? Certo non avrebbe praticato la corsa, il salto, né il lancio del giavellotto o il corpo a corpo con le spade, ma

il senno, l’intelletto, la capacità di giudizio. Se queste qualità non fossero presenti nei vecchi, i nostri antenati non

avrebbero chiamato “senato” il supremo consesso.

  • Letteratura Latina
  • De Senectute di Cicerone
  • Cicerone
  • De Senectute

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