Datames Paragrafo 2: versione svolta - StudentVille

Datames, Paragrafo 2

Pari se virtute postea praebuit cum Autophrodates iussu regis bello persequeretur eos qui defecerant.

Namque huius opera hostes cum castra iam intrassent profligati sunt exercitusque reliquus conservatus regis est. Qua ex re

maioribus rebus praeesse coepit. Erat eo tempore Thuys dynastes Paphlagoniae antiquo genere ortus a Pylaemene illo quem

Homerus Troico bello a Patroclo interfectum ait. Is regi dicto audiens non erat. Quam ob causam bello eum persequi constituit

eique rei praefecit Datamen propinquum Paphlagonis: namque ex fratre et sorore erant nati. Quam ob causam Datames primum

experiri voluit ut sine armis propinquum ad officium reduceret. Ad quem cum venisset sine praesidio quod ab amico nullas

vereretur insidias paene interiit: nam Thuys eum clam interficere voluit. Erat mater cum Datame amita Paphlagonis: ea quid

ageretur resciit filiumque monuit. Ille fuga periculum evitavit bellumque indixit Thuyni. In quo cum ab Ariobarzane praefecto

Lydiae et Ioniae totiusque Phrygiae desertus esset nihilo segnius perseveravit vivumque Thuym cepit cum uxore et liberis.

Versione tradotta

Si dimostrò in seguito di pari valore, quando

Autofrodate per ordine del re attaccò quelli che avevano tradito: grazie al suo intervento i nemici che già erano entrati

nell’accampamento, furono sconfitti e il resto dell’esercito del re fu salvato; così cominciò ad avere comandi di maggiore

importanza. Era in quel tempo principe della Pafiagonia Tuine, di antico lignaggio, discendente da quel Pilemene che Omero

dice ucciso da Patroclo durante la guerra di Troia. Costui rifiutava obbedienza al re. Perciò il re decise di muovergli guerra

e mise a capo dell’impresa Datáme, parente del Paflagone: erano nati infatti da un fratello e da una sorella. Per questo

motivo Datáme dapprima volle tentare di riportare all’obbedienza il parente senza ricorrere alle armi, ma andato da lui senza

scorta, perché non temeva alcun inganno da un amico, poco mancò che morisse: infatti Tuine progettò di ucciderlo di nascosto.

Con Datáme c’era la madre, zia paterna del Pafiagone; essa venne a sapere quello che si macchinava e informò il figlio.

Questi evitò il pericolo dandosi alla fuga e dichiarò guerra a Tuine. E quantunque nel corso di essa fosse stato abbandonato da

Ariobarzane, satrapo della Lidia e della Ionia e di tutta la Frigia, nondimeno continuò a combattere e prese vivo Tuine con la

moglie ed i figli.

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