Hi omnes fere Athenas se contulerant non quo
sequerentur otium sed ut quem ex proximo locum fors obtulisset eo patriam recuperare niterentur. Itaque cum tempus est visum
rei gerendae communiter cum iis qui Thebis idem sentiebant diem delegerunt ad inimicos opprimendos civitatemque liberandam eum
quo maximi magistratus simul consuerant epulari. Magnae saepe res non ita magnis copiis sunt gestae; sed profecto numquam tam
ab tenui initio tantae opes sunt profligatae. Nam duodecim adulescentuli coierunt ex iis qui exsilio erant multati cum omnino
non essent amplius centum qui tanto se offerrent periculo. Qua paucitate percussa est Lacedaemoniorum potentia. Hi enim non
magis adversariorum factioni quam Spartanis eo tempore bellum intulerunt qui principes erant totius Graeciae; quorum imperii
maiestas neque ita multo post Leuctrica pugna ab hoc initio perculsa concidit. Illi igitur duodecim quorum dux erat Pelopidas
cum Athenis interdiu exissent ut vesperascente caelo Thebas possent pervenire cum canibus venaticis exierunt retia ferentes
vestitu agresti quo minore suspicione facerent iter. Qui cum tempore ipso quo studuerant pervenissent domum Charonis
deverterunt a quo et tempus et dies erat datus.
Versione tradotta
Questi si erano rifugiati, quasi tutti, in Atene, non per
farvi vita oziosa, ma per tentare di riconquistare la patria dal posto più vicino non appena la sorte gliene avesse offerta
l’occasione. Pertanto quando parve loro che fosse tempo di agire, in combutta con quelli che in Tebe avevano gli stessi
sentimenti, stabilirono come giorno, per sopprimere i nemici e liberare la città, quello in cui i massimi magistrati erano
soliti banchettare insieme. Spesso le grandi imprese sono compiute con milizie non altrettanto grandi, ma certo mai potenza
tanto formidabile fu messa in rotta da una iniziativa così modesta. Infatti fra quelli che erano stati condannati all’esilio,
si misero insieme dodici ragazzi, mentre in tutto non erano più di cento quelli che si esponevano ad azione così rischiosa.
Un numero tanto esiguo bastò a rovesciare la potenza degli Spartani. Essi infatti in quel frangente più che al partito avverso
fecero guerra agli Spartani, che erano i signori di tutta la Grecia: la maestà della loro supremazia, non molto dopo, crollò
nella battaglia di Lèuttra, ma colpita da questa azione iniziale. Quei dodici dunque, il cui duce era Pelòpida, usciti di
giorno da Atene, per poter giungere a Tebe sul far della sera, uscirono con cani da caccia, con reti e con vestiti campagnoli,
per destare meno sospetti durante il tragitto. E questi arrivati proprio nel momento che avevano prefissato, si recarono alla
casa di Carone dal quale era stato fissato e il giorno e l’ora.
- Letteratura Latina
- Liber de excellentibus gentium (Pelopidas) di Cornelio Nepote
- Cornelio Nepote