Bellum Iugurthinum, Paragrafo 20 - Studentville

Bellum Iugurthinum, Paragrafo 20

Postquam diviso regno legati Africa

decessere et Iugurtha contra timorem animi praemia sceleris adeptum sese videt certum esse ratus quod ex amicis apud Numantiam

acceperat omnia Romae venalia esse simul et illorum pollicitationibus accensus quos paulo ante muneribus expleuerat in regnum

Adherbalis animum intendit. Ipse acer bellicosus; at is quem petebat quietus inbellis placido ingenio opportunus iniuriae

metuens magis quam metuendus. Igitur ex improuiso finis eius cum magna manu invadit multos mortalis cum pecore atque alia

praeda capit aedificia incendit pleraque loca hostiliter cum equitatu accedit deinde cum omni multitudine in regnum suum

conuertit existimans Adherbalem dolore permotum iniurias suas manu vindicaturum eamque rem belli causam fore. At ille quod

neque se parem armis existimabat et amicitia populi Romani magis quam Numidis fretus erat lagatos ad Iugurtham de iniuriis

questum misit. Qui tametsi contumeliosa dicta rettulerant prius tamen omnia pati decrevit quam bellum sumere quia temptatum

antea secus cesserat. Neque eo magis cupido Iugurthae minuebatur quippe qui totum eius regnum animo iam invaserat. Itaque non

uti antea cum praedatoria manu sed magno exercitu comparato bellum gerere coepit et aperte totius Numidiae imperium petere.

Ceterum qua pergebat urbis agros vastare praedas agere suis animum hostibus terrorem augere.

Versione tradotta

Quando, dopo la spartizione del regno, i legati lasciarono l'Africa,
Giugurta, vedendosi premiato, a dispetto

di ogni timore, per il suo
delitto, ebbe la certezza che a Roma tutto era in vendita, come aveva
sentito

dire dai suoi amici a Numanzia. Acceso poi anche dalle promesse di
quelli che aveva poco prima colmato di doni,

rivolse le sue mire al regno
di Aderbale. Egli era inquieto, battagliero, mentre l'altro, che egli
voleva

assalire, era tranquillo, imbelle, di carattere mite, facile
vittima della prepotenza, timoroso più che temibile.

All'improvviso,
quindi, ne invade il paese con forze consistenti, cattura molti uomini, si
impadronisce di

bestiame e di altro bottino, incendia case, fa incursioni
in molti territori con la cavalleria. Poi, con tutti i

suoi uomini
ritorna nel suo regno, pensando che Aderbale, esacerbato, avrebbe voluto
vendicare con le armi

l'affronto, fornendo con ciò pretesto alla guerra.
Questi, però, sentendosi inferiore sul piano militare e contando

più
sull'amicizia del popolo romano che sui Numidi, inviò dei messi a Giugurta
per lamentarsi

dell'offesa. Essi riportarono risposte ingiuriose, ma il
re, che già prima aveva tentato la sorte delle armi con

esito sfavorevole,
decise di sopportare qualsiasi sopruso piuttosto che incominciare le
ostilità. Non per

questo diminuiva l'ambizione di Giugurta, che in cuor
suo era già padrone di tutto il regno di Aderbale. Quindi,

non come
prima con una banda di predoni, ma con l'intero esercito in pieno assetto,
incominciò a muover

guerra, puntando apertamente al dominio di tutta la
Numidia. Dove si spingeva, devastava città e campagne e faceva

bottino,
accrescendo il coraggio nei suoi e il terrore nei nemici.

  • Letteratura Latina
  • Par 1-29
  • Sallustio

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