Suscipere tam inimicitias seu patris seu propinqui quam amicitias necesse est; nec implacabiles
durant: luitur enim etiam homicidium certo armentorum ac pecorum numero recipitque satisfactionem universa domus, utiliter in
publicum, quia periculosiores sunt inimicitiae iuxta libertatem.
Convictibus et hospitiis non alia gens effusius indulget.
Quemcumque mortalium arcere tecto nefas habetur; pro fortuna quisque apparatis epulis excipit. Cum defecere, qui modo hospes
fuerat, monstrator hospitii et comes; proximam domum non invitati adeunt. Nec interest: pari humanitate accipiuntur. Notum
ignotumque quantum ad ius hospitis nemo discernit. Abeunti, si quid poposcerit, concedere moris; et poscendi in vicem eadem
facilitas. Gaudent muneribus, sed nec data imputant nec acceptis obligantur: victus inter hospites comis.
Versione tradotta
È un dovere assoluto
far proprie le inimicizie e le amicizie del padre o di un parente; gli odii non sono però implacabili: anche l’omicidio
infatti è riscattabile con un certo numero di buoi o di ovini e l’intera famiglia riceve questo atto di soddisfazione, con
vantaggio per la comunità, perché le inimicizie sono più pericolose in un paese libero.
Nessun altro popolo ha più spiccati
il senso conviviale e quello dell’ospitalità. È inammissibile per loro respingere qualcuno dalla propria casa. Tutti
accolgono l’ospite alla propria tavola, imbandita secondo i propri mezzi. Finita la disponibilità di cibo, chi aveva offerto
l’ospitalità gli indica un’altra casa e ve lo accompagna; pur senza invito, entrano nella casa vicina, e non c’è
differenza: vengono accolti con lo stesso riguardo. In fatto d’ospitalità nessuno fa distinzione tra persona conosciuta o
sconosciuta. Quando l’ospite parte, è usanza concedergli ciò che chiede, e la franchezza nel chiedere è altrettanta. I doni
sono per loro una gioia, né chi dona si sente in credito, né chi riceve in obbligo. [Il tenore di vita, quando si è con gli
ospiti, è quello comune.]
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