Adherbal ubi intellegit eo processum uti regnum aut relinquendum esset aut armis retinendum necessario
copias parat et Iugurthae obvius procedit. Interim haud longe a mari prope Cirtam oppidum utriusque exercitus consedit et quia
diei extremum erat proelium non inceptum. Sed ubi plerumque noctis processit obscuro etiam tum lumine milites Iugurthini signo
dato castra hostium invadunt semisomnos partim alios arma sumentis fugant funduntque. Adherbal cum paucis equitibus Cirtam
profugit et ni multitudo togatorum fuisset quae Numidas insequentis moenibus prohibuit uno die inter duos reges coeptum atque
patratum bellum foret. Igitur Iugurtha oppidum circumsedit vineis turribusque et machinis omnium generum expugnare aggreditur
maxime festinans tempus legatorum antecapere quos ante proelium factum ab Adherbale Romam missos audiuerat. Sed postquam
senatus de bello eorum accepit tres adulescentes in Africam legantur qui ambos reges adeant senatus populique Romani verbis
nuntient velle et censere eos ab armis discedere de controuersiis suis iure potius quam bello disceptare: ita seque illisque
dignum esse.
Versione tradotta
Aderbale, quando comprende che le cose sono giunte a tal
punto che è
necessario o rinunciare al regno o difenderlo con le armi, è costretto ad
allestire un esercito
e ad avanzare contro Giugurta. Durante la marcia i
due eserciti presero posizione nei pressi della città di Cirta,
non
lontano dal mare, e poiché il giorno era alla fine, non attaccarono
battaglia. Ma, trascorsa buona
parte della notte, quando la luce non era
ancora spuntata, i soldati di Giugurta, dato il segnale, assaltano il
campo dei nemici, ne sbaragliano e mettono in fuga alcuni ancora mezzo
addormentati, altri mentre tentano di
prendere le armi. Aderbale con pochi
cavalieri trova riparo in Cirta, e se non vi fosse stata una folta schiera
di cittadini romani e italici a trattenere fuori delle mura i Numidi
lanciati all'inseguimento, la guerra fra i
due re sarebbe incominciata e
finita nello stesso giorno. Giugurta, allora, strinse d'assedio la
città:
tenta di espugnarla con vinee, torri e macchine da guerra di ogni
genere, affrettandosi più che mai per prevenire il
ritorno dei messi che,
come gli avevano riferito, Aderbale aveva inviato a Roma prima della
battaglia.
Quando il senato viene informato della guerra fra loro, manda in Africa
tre giovani legati, perché si presentino
ai due re e dichiarino loro, in
nome del senato e del popolo romano, la volontà e l'ordine che depongano
le armi [e dirimano le controversie non con la forza ma sul piano del
diritto].. Ciò era consono alla dignità di Roma
e di loro stessi.
- Letteratura Latina
- Par 1-29
- Sallustio