Quid iuris consulti, quid pontifices, quid
augures, quid philosophi senes, quam multa meminerunt! Manent ingenia senibus, modo permaneat studium et industria, neque ea
solum in claris et honoratis viris, sed in vita etiam privata et quieta. Sophocles ad summam senectutem tragoedias fecit; quod
propter studium cum rem neglegere familiarem videretur, a filiis in iudicium vocatus est, ut, quem ad modum nostro more male
rem gerentibus patribus bonis interdici solet, sic illum quasi desipientem a re familiari removerent iudices. Tum senex dicitur
eam fabulam, quam in manibus habebat et proxime scripserat, Oedipum Coloneum, recitasse iudicibus quaesisseque, num illud
carmen desipientis videretur. Quo recitato sententiis iudicum est liberatus.
Versione tradotta
E i
giureconsulti, e i pontefici, e gli àuguri, e i filosofi, quante cose ricordano pur da vecchi! Nei vecchi rimangono le capacità
intellettuali, purché rimangano l’applicazione e l’operosità, e ciò non solo negli uomini famosi ed altolocati, ma anche nella
vita privata e tranquilla. Sofocle compose tragedie sino all’estremo limite della vecchiaia; poiché per questa sua passione
sembrava trascurare il patrimonio di famiglia, fu citato in giudizio dai figli affinché, allo stesso modo in cui secondo il
nostro costume si è soliti interdire i padri che male amministrano il patrimonio, così i giudici lo allontanassero, come se
fosse un rimbambito, dal patrimonio domestico; allora si narra che il vecchio recitasse davanti ai giudici quella tragedia che
aveva tra le mani e che da poco aveva composto, l’Edipo a Colono, e chiedendo poi se ad essi quel carme sembrava opera di un
rimbambito; dopo averla declamata, fu prosciolto dalla sentenza dei giudici.
- Letteratura Latina
- De Senectute di Cicerone
- Cicerone
- De Senectute