Legati in Africam maturantes veniunt eo magis quod Romae dum proficisci parant de
proelio facto et oppugnatione Cirtae audiebatur; sed is rumor clemens erat. Quorum Iugurtha accepta oratione respondit sibi
neque maius quicquam neque carius auctoritate senatus esse. Ab adulescentia ita se enisum ut ab optimo quoque probaretur;
virtute non malitia P. Scipioni summo viro placuisse; ob easdem artis a Micipsa non penuria liberorum in regnum adoptatum esse.
Ceterum quo plura bene atque strenue fecisset eo animum suum iniuriam minus tolerare. Adherbalem dolis vitae suae insidiatum;
quod ubi comperisset sceleri eius obviam isse. Populum Romanum neque recte neque pro bono facturum si ab iure gentium sese
prohibuerit. Postremo de omnibus rebus legatos Romam brevi missurum. Ita utrique digrediuntur. Adherbalis appellandi copia non
fuit.
Versione tradotta
I legati si affrettano a venire in
Africa, tanto più che, al
momento della loro partenza, si sentiva dire che era avvenuta la battaglia
e che
Cirta era in stato di assedio; ma erano voci che attenuavano la
realtà dei fatti. Giugurta, ascoltato il loro
discorso, rispose che per
lui nulla era più importante e più prezioso del volere del senato.
Aggiunse che
fin dall'adolescenza si era sforzato di meritare la stima dei
migliori cittadini: per meriti e non per malvagità si
era guadagnato il
favore del grande Publio Scipione; per le medesime qualità e non per
mancanza di
successori Micipsa lo aveva associato al regno. D'altra
parte, quanto più si era distinto per onestà e coraggio,
tanto meno era
disposto a tollerare soprusi. Aderbale aveva attentato con l'inganno
alla sua vita; quando
lo aveva scoperto, si era opposto al suo tentativo
criminale. Il popolo romano non avrebbe agito rettamente né
secondo
giustizia se gli avesse impedito di valersi del diritto delle genti.
Concluse dicendo che avrebbe
inviato al più presto messi a Roma per
discutere tutti quei fatti. Le due parti si separarono così. Non fu
possibile parlare con Aderbale.
- Bellum Iugurthinum
- Par 1-29
- Sallustio