Nec vero dubitat agricola, quamvis sit senex, quaerenti, cui serat respondere: ‘Dis immortalibus, qui me
non accipere modo haec a maioribus voluerunt, sed etiam posteris prodere.’ VIII. Et melius Caecilius de sene alteri saeclo
prospiciente quam illud idem:
Edepol, senectus, si nil quicquam aliud viti adportes tecum, cum advenis, unum id sat est,
quod diu vivendo multa, quae non volt, videt
et multa fortasse, quae volt; atque in ea, quae non volt, saepe etiam
adulescentia incurrit. Illud vero idem Caecilius vitiosius:
Tum equidem in senecta hoc deputo miserrimum, sentire ea aetate
eumpse esse odiosum alteri.
Versione tradotta
E in verità l’agricoltore, per quanto vecchio sia, non esita a rispondere a chi gli chiede per chi sta
seminando: “Per gli dei immortali, i quali hanno voluto che non solo ricevessi queste cose dai miei avi, ma anche che le
trasmettessi ai miei discendenti.” VIII. E Cecilio [Stazio], circa il vecchio che sta attento alla generazione ventura, dice
meglio di quando dice:
“Per Polluce, vecchiaia, se non portassi con te nessun altro male quando arrivi, questo solo
basterebbe: che vivendo a lungo si vedono molte cose che non si vorrebbero vedere”,
e molte forse che si vorrebbero vedere!
Ma spesso anche la giovinezza si imbatte in cose in cui non vorrebbe imbattersi. Ed ecco Cecilio in modo ancor più
erroneo:
“Inoltre nella vecchiaia questo penso sia il male peggiore: accorgersi in quella età di essere di peso agli
altri.”
- Letteratura Latina
- De Senectute di Cicerone
- Cicerone
- De Senectute