Bellum Iugurthinum, Paragrafo 25 - Studentville

Bellum Iugurthinum, Paragrafo 25

His litteris recitatis fuere qui

exercitum in Africam mittendum censerent et quam primum Adherbali subueniendum; de Iugurtha interim uti consuleretur quoniam

legatis non paruisset. Sed ab isdem illis regis fautoribus summa ope enisum ne tale decretum fieret. Ita bonum publicum uti in

plerisque negotiis solet privata gratia deuictum. legantur tamen in Africam maiores natu nobiles amplis honoribus usi. In quis

fuit M. Scaurus de quo supra memorauimus consularis et tum senatus princeps. Ii quod res in invidia erat simul et ab Numidis

obsecrati triduo nauem ascendere. Dein brevi Vticam appulsi litteras ad Iugurtham mittunt: quam ocissime ad prouinciam accedat

seque ad eum ab senatu missos. Ille ubi accepit homines claros quorum auctoritatem Romae pollere audiuerat contra inceptum suum

venisse primo commotus metu atque libidine diuersus agitabatur: timebat iram senatus ni paruisset legatis; porro animus

cupidine caecus ad inceptum scelus rapiebat. vicit tamen in auido ingenio prauum consilium. Igitur exercitu circumdato summa vi

Cirtam irrumpere nititur maxime sperans diducta manu hostium aut vi aut dolis sese casum victoriae inventurum. Quod ubi secus

procedit neque quod intenderat efficere potest ut prius quam legatos conveniret Adherbalis potiretur ne amplius morando Scaurum

quem plurimum metuebat incenderet cum paucis equitibus in prouinciam venit. Ac tametsi senati verbis graues minae nuntiabantur

quod ab oppugnatione non desisteret multa tamen oratione consumpta legati frustra discessere.

Versione tradotta

Dopo la lettura di questa missiva, alcuni

senatori proposero di
recare un aiuto immediato ad Aderbale, inviando un esercito in Africa e di
prendere,

intanto, provvedimenti contro Giugurta, che aveva disobbedito ai
legati. Ma i soliti fautori del re si batterono con

molta energia perché
quel decreto non fosse approvato. Così l'interesse pubblico, come si
verifica nella

maggior parte dei casi, fu sacrificato all'influenza di
alcuni privati. Tuttavia si mandarono in Africa, come

legati, alcuni
nobili di età matura, che avevano ricoperto le più alte cariche. Fra
questi figurava quel

Marco Scauro, cui ho accennato prima, ex console e in
quel tempo principe del senato. Costoro, sia perché il fatto

suscitava
indignazione, sia perché erano scongiurati dai Numidi, si imbarcano tre
giorni dopo. Poi,

approdati ben presto a Utica, inviano una lettera a
Giugurta, ordinandogli di recarsi immediatamente nella provincia

romana,
poiché erano stati inviati a lui dal senato. Giugurta, venuto a sapere
che uomini illustri, la cui

autorità aveva inteso valere molto a Roma,
erano giunti per ostacolare il suo progetto, sulle prime rimase turbato e

combattuto tra la paura e il desiderio smodato di conquista. Temeva
l'ira del senato, qualora avesse

disobbedito ai legati, ma, accecato dalla
brama di potere, era trascinato sulla via già intrapresa del delitto.

Nel suo animo insaziabile vinse il peggior consiglio. Pertanto,
accerchiata la città con l'esercito, con uno

sforzo supremo tenta di
irrompere in Cirta, sperando soprattutto, una volta divise le truppe
nemiche, di

ottenere con la forza o con l'inganno l'occasione della
vittoria. Ma poiché non vi riusciva e non poteva

realizzare il suo
intento di impadronirsi di Aderbale prima di incontrare i legati, per non
esasperare con

un ulteriore indugio Scauro, che temeva moltissimo, venne
con pochi cavalieri nella provincia romana. E sebbene i

legati, in nome
del senato, gli facessero gravi minacce perché non desisteva dall'assedio,
non di meno,

dopo aver speso molte parole, se ne andarono senza aver
concluso nulla.

  • Letteratura Latina
  • Par 1-29
  • Sallustio

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