His litteris recitatis fuere qui
exercitum in Africam mittendum censerent et quam primum Adherbali subueniendum; de Iugurtha interim uti consuleretur quoniam
legatis non paruisset. Sed ab isdem illis regis fautoribus summa ope enisum ne tale decretum fieret. Ita bonum publicum uti in
plerisque negotiis solet privata gratia deuictum. legantur tamen in Africam maiores natu nobiles amplis honoribus usi. In quis
fuit M. Scaurus de quo supra memorauimus consularis et tum senatus princeps. Ii quod res in invidia erat simul et ab Numidis
obsecrati triduo nauem ascendere. Dein brevi Vticam appulsi litteras ad Iugurtham mittunt: quam ocissime ad prouinciam accedat
seque ad eum ab senatu missos. Ille ubi accepit homines claros quorum auctoritatem Romae pollere audiuerat contra inceptum suum
venisse primo commotus metu atque libidine diuersus agitabatur: timebat iram senatus ni paruisset legatis; porro animus
cupidine caecus ad inceptum scelus rapiebat. vicit tamen in auido ingenio prauum consilium. Igitur exercitu circumdato summa vi
Cirtam irrumpere nititur maxime sperans diducta manu hostium aut vi aut dolis sese casum victoriae inventurum. Quod ubi secus
procedit neque quod intenderat efficere potest ut prius quam legatos conveniret Adherbalis potiretur ne amplius morando Scaurum
quem plurimum metuebat incenderet cum paucis equitibus in prouinciam venit. Ac tametsi senati verbis graues minae nuntiabantur
quod ab oppugnatione non desisteret multa tamen oratione consumpta legati frustra discessere.
Versione tradotta
Dopo la lettura di questa missiva, alcuni
senatori proposero di
recare un aiuto immediato ad Aderbale, inviando un esercito in Africa e di
prendere,
intanto, provvedimenti contro Giugurta, che aveva disobbedito ai
legati. Ma i soliti fautori del re si batterono con
molta energia perché
quel decreto non fosse approvato. Così l'interesse pubblico, come si
verifica nella
maggior parte dei casi, fu sacrificato all'influenza di
alcuni privati. Tuttavia si mandarono in Africa, come
legati, alcuni
nobili di età matura, che avevano ricoperto le più alte cariche. Fra
questi figurava quel
Marco Scauro, cui ho accennato prima, ex console e in
quel tempo principe del senato. Costoro, sia perché il fatto
suscitava
indignazione, sia perché erano scongiurati dai Numidi, si imbarcano tre
giorni dopo. Poi,
approdati ben presto a Utica, inviano una lettera a
Giugurta, ordinandogli di recarsi immediatamente nella provincia
romana,
poiché erano stati inviati a lui dal senato. Giugurta, venuto a sapere
che uomini illustri, la cui
autorità aveva inteso valere molto a Roma,
erano giunti per ostacolare il suo progetto, sulle prime rimase turbato e
combattuto tra la paura e il desiderio smodato di conquista. Temeva
l'ira del senato, qualora avesse
disobbedito ai legati, ma, accecato dalla
brama di potere, era trascinato sulla via già intrapresa del delitto.
Nel suo animo insaziabile vinse il peggior consiglio. Pertanto,
accerchiata la città con l'esercito, con uno
sforzo supremo tenta di
irrompere in Cirta, sperando soprattutto, una volta divise le truppe
nemiche, di
ottenere con la forza o con l'inganno l'occasione della
vittoria. Ma poiché non vi riusciva e non poteva
realizzare il suo
intento di impadronirsi di Aderbale prima di incontrare i legati, per non
esasperare con
un ulteriore indugio Scauro, che temeva moltissimo, venne
con pochi cavalieri nella provincia romana. E sebbene i
legati, in nome
del senato, gli facessero gravi minacce perché non desisteva dall'assedio,
non di meno,
dopo aver speso molte parole, se ne andarono senza aver
concluso nulla.
- Bellum Iugurthinum
- Par 1-29
- Sallustio