Ergo haec removeantur ut aliquando in quibus causa nititur ad ea veniamus. Animadverti enim iudices audiri a vobis meum familiarem L. Herennium perattente. In quo etsi magna ex parte ingenio eius et dicendi genere quodam tenebamini tamen non numquam verebar ne illa subtiliter ad criminandum inducta oratio ad animos vestros sensim ac leniter accederet. Dixit enim multa de luxurie multa de libidine multa de vitiis iuventutis multa de moribus et qui in reliqua vita mitis esset et in hac suavitate humanitatis qua prope iam delectantur omnes versari periucunde soleret fuit in hac causa pertristis quidam patruus censor magister; obiurgavit M. Caelium sicut neminem umquam parens; multa de incontinentia intemperantiaque disseruit. Quid quaeritis iudices? ignoscebam vobis attente audientibus propterea quod egomet tam triste illud et tam asperum genus orationis horrebam.
Versione tradotta
Lasciamo dunque tutto ciò, e veniamo finalmente alla sostanza del processo. Ho notato, o giudici, che il mio amico Lucio Erennio si è fatto ascoltare da voi con particolare attenzione. Per questo motivo, sebbene in gran parte ciò sia da attribuire al fascino del suo ingegno e all'arte sua nel discutere, io temevo, peraltro di tanto in tanto, che quella sua requisitoria così sottilmente condotta si insinuasse pian piano, a grado a grado, nell'animo vostro. Egli, infatti, molto vi parlò di lascivia, di dissolutezza, di vizi giovanili, di costumi corrotti; e colui che è in ogni altro rapporto di vita così mite, e a questo clima di umana cordialità, della quale noi tutti godiamo, suole serenamente abbandonarsi, fu invece in questa causa il più severo zio, censore, maestro; strapazzò Marco Celio, come nessun genitore un proprio figlio; e troppo dissertò di incontinenza e d'intemperanza. Che volete, o giudici? Io mi rendo conto come voi lo abbiate così attentamente seguito, poiché io stesso raccapricciavo dinanzi ad una così cupa, così arcigna eloquenza
- Letteratura Latina
- Pro Caelio di Cicerone
- Cicerone