An ne illas quidem
vires senectuti relinquemus, ut adulescentis doceat, instituat, ad omne offici munus instruat? Quo quidem opere quid potest
esse praeclarius? Mihi vero et Cn. et P. Scipiones et avi tui duo, L. Aemilius et P. Africanus, comitatu nobilium iuvenum
fortunati videbantur nec ulli bonarum artium magistri non beati putandi, quamvis consenuerint vires atque defecerint. Etsi ipsa
ista defectio virium adulescentiae vitiis efficitur saepius quam senectutis; libidinosa enim et intemperans adulescentia
effetum corpus tradit senectuti.
Versione tradotta
Forse che non lasceremo alla vecchiaia neppure tali forze, da
istruire, formare, preparare i giovani ad assolvere ad ogni dovere? Cosa in verità può esservi più nobile di questo incarico?
Certo Gneo e Publio Scipione e i tuoi due nonni, Lucio Emilio e Publio Africano, mi sembravano fortunati per il seguito di
nobili giovani, né alcun maestro di arti liberali non deve essere considerato felice, benché le forze si siano invecchiate e lo
abbiano abbandonato. Del resto questo stesso venir meno delle forze avviene più spesso per i vizi della giovinezza che della
vecchiaia: infatti una giovinezza dissoluta ed intemperante consegna alla vecchiaia un corpo svigorito.
- Letteratura Latina
- De Senectute di Cicerone
- Cicerone
- De Senectute