Epaminondas Paragrafo 3: versione svolta - StudentVille

Epaminondas, Paragrafo 3

Ad hanc corporis firmitatem plura etiam animi bona

accesserant. Erat enim modestus prudens gravis temporibus sapienter utens; peritus belli fortis manu animo maximo; adeo

veritatis diligens ut ne ioco quidem mentiretur. Idem continens clemens patiensque admirandum in modum non solum populi sed

etiam amicorum ferens iniurias; in primis commissa celans quod interdum non minus prodest quam diserte dicere studiosus

audiendi: ex hoc enim facillime disci arbitrabatur. Itaque cum in circulum venisset in quo aut de re publica disputaretur aut

de philosophia sermo haberetur numquam inde prius discessit quam ad finem sermo esset adductus. Paupertatem adeo facile

perpessus est ut de re publica nihil praeter gloriam ceperit. Amicorum in se tuendo caruit facultatibus fide ad alios

sublevandos saepe sic usus est ut iudicari possit omnia ei cum amicis fuisse communia. Nam cum aut civium suorum aliquis ab

hostibus esset captus aut virgo amici nubilis quae propter paupertatem collocari non posset amicorum consilium habebat et

quantum quisque daret pro facultatibus imperabat. Eamque summam cum fecerat priusquam acciperet pecuniam adducebat eum qui

quaerebat ad eos qui conferebant eique ut ipsi numerarent faciebat ut ille ad quem ea res perveniebat sciret quantum cuique

deberet.

Versione tradotta

A questa robustezza fisica andavano congiunte anche molte doti

spirituali. Era infatti moderato, prudente, autorevole, tempestivo nel cogliere le occasioni, era esperto di guerra, forte di

braccio, magnanimo e tanto rispettoso della verità da non mentire neppure per scherzo. Inoltre padrone di sé,

straordinariamente clemente e paziente, capace di sopportare i torti non solo della gente, ma anche degli amici; bravissimo nel

mantenere i segreti affidatigli, il che talvolta non è meno utile che parlare con facondia: desideroso di ascoltare; riteneva

infatti che questo fosse il modo più semplice per imparare. Così quando capitava in una riunione nella quale o si disputava di

politica o si parlava di filosofia, non se ne partiva mai prima che il discorso fosse portato a termine. Sopportò tanto

agevolmente la povertà che dalla sua attività politica non prese nulla se non la gloria. Non fece ricorso ai beni degli amici

per la sua difesa personale; si valse spesso del proprio credito per venire in aiuto degli altri in modo tale che si può

ritenere che egli tutto avesse in comune con gli amici. Infatti quando o qualcuno dei suoi concittadini fosse stato preso dal

nemico o la figlia di un amico fosse da marito ma non potesse accasarsi per la povertà, radunava i suoi amici e stabiliva,

secondo le loro facoltà, quanto ciascuno dovesse dare. E quando aveva messo insieme la somma stabilita, piuttosto che ricevere

lui il denaro, faceva incontrare il postulante con i donatori e voleva che fossero loro stessi a versargliela in modo che

quello a cui la somma era destinata, sapesse quanto dovesse a ciascuno.

  • Letteratura Latina
  • Liber de excellentibus gentium (Epaminondas) di Cornelio Nepote
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