Hic autem sic se gerebat ut communis infimis
par principibus videretur. Quo factum est ut huic omnes honores quos possent publice haberent civemque facere studerent; quo
beneficio ille uti noluit quod nonnulli ita interpretantur amitti civitatem Romanam alia ascita. Quamdiu adfuit ne qua sibi
statua poneretur restitit; absens prohibere non potuit. Itaque aliquot ipsi et Phidiae locis sanctissimis posuerunt: hunc enim
in omni procuratione rei publicae actorem auctoremque habebant. Igitur primum illud munus fortunae quod in ea potissimum urbe
natus est in qua domicilium orbis terrarum esset imperii ut eandem et patriam haberet et domum; hoc specimen prudentiae quod
cum in eam se civitatem contulisset quae antiquitate humanitate doctrinaque praestaret omnes ** unus ei fuerit carissimus.
Versione tradotta
Qui si
comportava in modo tale, da apparire agli infimi uno di loro, ai maggiorenti un loro pari. Per la qual cosa, avvenne che a lui
concedessero tutte le pubbliche onorificenze che potevano e volessero dargli la cittadinanza: ma lui declinò il beneficio
perché, secondo l'interpretazione di alcuni, si perde la cittadinanza romana, quando se ne prende un'altra. .Per tutto il
tempo che rimase là, si oppose a che gli venissero innalzate statue di sorta; partito, non poté impedirlo. Così collocarono
alcuni suoi ritratti nei luoghi più sacri: lo ritenevano ispiratore e protagonista in tutti gli affari dello Stato. .Pertanto
questo fu un primo dono della sorte: l'essere nato proprio nella città che era la sede del dominio del mondo, ed avere la
stessa per patria e dimora; ma fu un segno della sua saggezza il fatto che recatosi in una città che superava tutte per
antichità, civiltà e scienza, seppe da essa farsi amare quanto nessun altro.
- Letteratura Latina
- De viris illustribus (Atticus) di Cornelio Nepote
- Cornelio Nepote
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