Divus Iulius, Paragrafo 32 - Studentville

Divus Iulius, Paragrafo 32

Assidentem conspirati

specie officii circumsteterunt, ilicoque Cimber Tillius, qui primas partes susceperat, quasi aliquid rogaturus propius accessit

renuentique et gestu[m] in aliud tempus differenti ab utroque umero togam adprehendit: deinde clamantem: ‘ista quidem uis

est!’ alter e Cascis auersum uulnerat paulum infra iugulum. Caesar Cascae brachium arreptum graphio traiecit conatusque

prosilire alio uulnere tardatus est; utque animaduertit undique se strictis pugionibus peti, toga caput obuoluit, simul

sinistra manu sinum ad ima crura deduxit, quo honestius caderet etiam inferiore corporis parte uelata. atque ita tribus et

uiginti plagis confossus est uno modo ad primum ictum gemitu sine uoce edito, etsi tradiderunt quidam Marco Bruto irruenti

dixisse: kai su teknon; exanimis diffugientibus cunctis aliquamdiu iacuit, donec lecticae impositum, dependente brachio, tres

seruoli domum rettulerunt. nec in tot uulneribus, ut Antistius medicus existimabat, letale ullum repertum est, nisi quod

secundo loco in pectore acceperat. Fuerat animus coniuratis corpus occisi in Tiberim trahere, bona publicare, acta rescindere,

sed metu Marci Antoni consulis et magistri equitum Lepidi destiterunt.

Versione tradotta

Mentre prendeva posto a sedere, i congiurati lo circondarono

con il pretesto di rendergli onore e subito Cimbro Tillio, che si era assunto l'incarico dell'iniziativa, gli si fece più

vicino, come se volesse chiedergli un favore: Cesare però si rifiutò di ascoltarlo e con un gesto gli fece capire di rimandare

la cosa ad un altro momento; allora Tillio gli afferrò la toga alle spalle e mentre Cesare gridava: «Ma questa è violenza

bell'e buona!» uno dei due Casca lo ferì dal di dietro, poco sotto la gola. Cesare, afferrato il braccio di Casca, lo colpì

con il suo stilo, poi tentò di buttarsi in avanti, ma fu fermato da un'altra ferita. Quando si accorse che lo aggredivano da

tutte le parti con i pugnali nelle mani, si avvolse la toga attorno al capo e con la sinistra ne fece scivolare l'orlo fino

alle ginocchia, per morire più decorosamente, coperta anche la parte inferiore del corpo. Così fu trafitto da ventitré

pugnalate, con un solo gemito, emesso sussurrando dopo il primo colpo; secondo alcuni avrebbe gridato a Marco Bruto, che si

precipitava contro di lui: «Anche tu, figlio?», Privo di vita, mentre tutti fuggivano, rimase lì per un po' di tempo,

finché, caricato su una lettiga, con il braccio che pendeva in fuori, fu portato a casa. da tre servi. Secondo il referto del

medico Antistio, di tante ferite nessuna fu mortale ad eccezione di quella che aveva ricevuto per seconda in, pieno petto. [

congiurati avrebbero voluto gettare il corpo dell'ucciso nel Tevere, confiscare i suoi beni e annullare tutti i suoi atti,

ma rinunciarono al proposito per paura del console M. Antonio e del maestro dei cavalieri Lepido.

  • Letteratura Latina
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