Igitur Iugurtha
contra decus regium cultu quam maxime miserabili cum Cassio Romam venit. Ac tametsi in ipso magna vis animi erat confirmatus ab
omnibus quorum potentia aut scelere cuncta ea gesserat quae supra diximus C. Baebium tribunum plebis magna mercede parat cuius
impudentia contra ius et iniurias omnis munitus foret. At C. Memmius aduocata contione quamquam regi infesta plebes erat et
pars in vincula duci iubebat pars nisi socios sceleris sui aperiret more maiorum de hoste supplicium sumi dignitati quam irae
magis consulens sedare motus et animos eorum mollire postremo confirmare fidem publicam per sese inviolatam fore. Post ubi
silentium coepit producto Iugurtha verba facit Romae Numidiaeque facinora eius memorat scelera in patrem fratresque ostendit.
Quibus iuuantibus quibusque ministris ea egerit quamquam intellegat populus Romanus tamen velle manufesta magis ex illo habere.
Si verum aperiat in fide et clementia populi Romani magnam spem illi sitam; sin reticeat non sociis saluti fore sed se suasque
spes corrupturum.
Versione tradotta
Giugurta, pertanto, contro la sua dignità
di re, viene a Roma con
Cassio in veste molto dimessa. Sebbene non gli mancasse la forza
d'animo, indotto
da tutti quelli per la cui nefasta influenza si era
macchiato dei delitti sopra riferiti, con una grande somma di
denaro
compra l'aiuto del tribuno della plebe Gaio Bebio, al fine di farsi scudo
della sua impudenza
contro la legge e contro ogni violenza. Convocata
l'assemblea, la plebe era ostile al re: chi lo voleva messo agli
arresti,
chi, secondo il costume degli antenati, lo voleva sottoporre al supplizio
come nemico, se non
avesse rivelato i nomi dei complici. Ma Gaio Memmio,
badando più alla dignità che alla voce della collera, sedava i
tumulti,
placava gli animi e assicurava infine che per parte sua il salvacondotto
concesso dallo Stato non
sarebbe stato violato. Poi, ottenuto il
silenzio, dopo aver fatto introdurre Giugurta, prende la parola
rammentando i misfatti da lui commessi a Roma e in Numidia e descrivendo i
suoi delitti contro il padre e contro i
fratelli. Aggiunge che il popolo
romano sa bene chi lo ha aiutato e chi è stato suo complice, ma vuole da
lui prove più evidenti. Soltanto rivelando la verità potrà sperare nella
lealtà e nella clemenza del popolo romano;
tacendo, non salverà i complici
e comprometterà se stesso e ogni sua speranza di salvezza.
- Letteratura Latina
- Par. 30-59
- Sallustio