Pro Milone - Paragrafo 34/39: versione tradotta - StudentVille

Pro Milone - Paragrafo 34/39

Audistis iudices quantum Clodi interfuerit occidi Milonem: convertite animos nunc vicissim ad Milonem. Quid Milonis intererat interfici Clodium? Quid erat cur Milo non dicam admitteret sed optaret? ‘Obstabat in spe consulatus Miloni Clodius.’ At eo repugnante fiebat immo vero eo fiebat magis; nec me suffragatore meliore utebatur quam Clodio. Valebat apud vos iudices Milonis erga me remque publicam meritorum memoria; valebant preces et lacrimae nostrae quibus ego tum vos mirifice moveri sentiebam; sed plus multo valebat periculorum impendentium timor. Quis enim erat civium qui sibi solutam P. Clodi praeturam sine maximo rerum novarum metu proponeret? Solutam autem fore videbatis nisi esset is consul qui eam auderet possetque constringere. Eum Milonem unum esse cum sentiret universus populus Romanus quis dubitaret suffragio suo se metu periculo rem publicam liberare? At nunc Clodio remoto usitatis iam rebus enitendum est Miloni ut tueatur dignitatern suam: singularis illa et huic uni concessa gloria quae cotidie augebatur frangendis furoribus Clodianis iam Clodi morte cecidit. Vos adepti estis ne quem civem metueretis: hic exercitationem virtutis suffragationem consulatus fontem perennem gloriae suae perdidit. Itaque Milonis consulatus qui vivo Clodio labefactari non poterat mortuo denique temptari coeptus est. Non modo igitur nihil prodest sed obest etiam Clodi mors Miloni.

Versione tradotta

Avete udito, giudici, quanto importasse a Clodio l’uccisione di Milone: adesso rivolgete la vostra attenzione a Milone. Quale interesse aveva all’assassinio di Clodio, quale motivo c’era da parte sua non dirò per commetterlo, ma per desiderarlo? “Clodio era d’ostacolo a Milone nella sua aspirazione al consolato”. Ma Milone stava per diventar console nonostante la sua opposizione, che anzi lo agevolava, e il mio appoggio non gli recava più giovamento di quello di Clodio. Aveva grande potere su di voi, giudici, il ricordo delle benemerenze di Milone nei miei confronti e nei confronti dello stato, lo avevano le mie preghiere e le mie lacrime, da cui allora – ben lo capivo – eravate straordinariamente turbati: molto di più, però, poteva su di voi il timore dei pericoli incombenti. C’era, infatti, qualcuno fra i cittadini che potesse immaginarsi la sfrenata pretura di Publio Clodio senza nutrire gravissimi timori di un sovvertimento generale? Capivate bene che sarebbe stata sfrenata, in assenza di un console dotato di coraggio e della capacità di metterle un freno. Dato che il popolo romano unanime capiva che solo Milone poteva avere queste doti, chi mai avrebbe esitato, votandolo, a liberare se stesso dalla paura, lo stato dal pericolo? Ma ora, tolto di mezzo Clodio, Milone deve ricorrere ai soliti mezzi per salvaguardare la sua posizione: quella gloria singolare e a lui solo concessa, che si alimentava ogni giorno grazie alla repressione dei folli disegni di Clodio, è venuta meno con la morte di costui. Voi avete ottenuto di non dover nutrire timore per alcun cittadino, egli ha perso la possibilità di esercitare il suo coraggio, la base elettorale della sua candidatura al consolato, la fonte perenne della sua gloria. Di conseguenza il consolato di Milone, che non poteva vacillare finché Clodio era in vita, morto Clodio ha preso a traballare. La morte di Clodio, quindi, non solo non giova, ma addirittura nuoce a Milone.

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