De Senectute Paragrafo 35: versione tradotta - StudentVille

De Senectute, Paragrafo 35

At multi ita sunt imbecilli senes, ut nullum offici aut

omnino vitae munus exsequi possint. At id quidem non proprium senectutis vitium est, sed commune valetudinis. Quam fuit

imbecillus P. Africani filius, is qui te adoptavit, quam tenui aut nulla potius valetudine! Quod ni ita fuisset, alterum illud

exstitisset lumen civitatis; ad paternam enim magnitudinem animi doctrina uberior accesserat. Quid mirium igitur in senibus si

infirmi sint aliquando, cum id ne adulescentes quidem effugere possint? Resistendum, Laeli et Scipio, senectuti est, eiusque

vitia diligentia compensanda sunt, pugnandum tamquam contra morbum sic contra senectutem;

Versione tradotta

Ma molti vecchi sono così deboli da non poter assolvere

a nessuna incombenza del loro dovere o addirittura della loro vita – . Ma questo, in verità, non è un difetto proprio della

vecchiaia, ma in generale dello stato di salute. Come fu debole il figlio di Publio Africano [Publio Cornelio Scipione adottò

il figlio di Emilio Paolo, appunto Scipione Emiliano], colui che ti adottò! Di che debole o addirittura inesistente salute! Se

non fosse stato così, sarebbe diventato un secondo faro della città: infatti alla grandezza d’animo paterna aggiungeva una più

vasta cultura. Dunque cosa c’è da meravigliarsi se talora i vecchi siano ammalati, quando neppure i giovani possono evitare

ciò? Bisogna resistere alla vecchiaia, Lelio e Scipione, e bilanciarne i difetti con cura, bisogna combattere come contro una

malattia così contro la vecchiaia ed aver riguardo della salute,

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