At multi ita sunt imbecilli senes, ut nullum offici aut
omnino vitae munus exsequi possint. At id quidem non proprium senectutis vitium est, sed commune valetudinis. Quam fuit
imbecillus P. Africani filius, is qui te adoptavit, quam tenui aut nulla potius valetudine! Quod ni ita fuisset, alterum illud
exstitisset lumen civitatis; ad paternam enim magnitudinem animi doctrina uberior accesserat. Quid mirium igitur in senibus si
infirmi sint aliquando, cum id ne adulescentes quidem effugere possint? Resistendum, Laeli et Scipio, senectuti est, eiusque
vitia diligentia compensanda sunt, pugnandum tamquam contra morbum sic contra senectutem;
Versione tradotta
Ma molti vecchi sono così deboli da non poter assolvere
a nessuna incombenza del loro dovere o addirittura della loro vita – . Ma questo, in verità, non è un difetto proprio della
vecchiaia, ma in generale dello stato di salute. Come fu debole il figlio di Publio Africano [Publio Cornelio Scipione adottò
il figlio di Emilio Paolo, appunto Scipione Emiliano], colui che ti adottò! Di che debole o addirittura inesistente salute! Se
non fosse stato così, sarebbe diventato un secondo faro della città: infatti alla grandezza danimo paterna aggiungeva una più
vasta cultura. Dunque cosa cè da meravigliarsi se talora i vecchi siano ammalati, quando neppure i giovani possono evitare
ciò? Bisogna resistere alla vecchiaia, Lelio e Scipione, e bilanciarne i difetti con cura, bisogna combattere come contro una
malattia così contro la vecchiaia ed aver riguardo della salute,
- Letteratura Latina
- De Senectute di Cicerone
- Cicerone
- De Senectute