At Iugurtha cognita uanitate atque imperitia legati subdole eius augere amentiam missitare supplicantis
legatos ipse quasi vitabundus per saltuosa loca et tramites exercitum ductare. Denique Aulum spe pactionis perpulit uti relicto
Suthule in abditas regiones sese ueluti cedentem insequeretur: ita delicta occultiora fuere. Interea per homines callidos diu
noctuque exercitum temptabat centuriones ducesque turmarum partim uti transfugerent corrumpere alii signo dato locum uti
desererent. Quae postquam ex sententia instruit intempesta nocte de improuiso multitudine Numidarum Auli castra circumvenit.
milites Romani perculsi tumultu insolito arma capere alii alii se abdere pars territos confirmare trepidare omnibus locis. vis
magna hostium caelum nocte atque nubibus obscuratum periculum anceps; postremo fugere an manere tutius foret in incerto erat.
Sed ex eo numero quos paulo ante corruptos diximus cohors una Ligurum cum duabus turmis Thracum et paucis gregariis militibus
transiere ad regem et centurio primi pili tertiae legionis per munitionem quam uti defenderet acceperat locum hostibus
introeundi dedit eaque Numidae cuncti irrupere. Nostri foeda fuga plerique abiectis armis proximum collem occupauerunt. Nox
atque praeda castrorum hostis quo minus victoria uterentur remorata sunt. Deinde Iugurtha postero die cum Aulo in colloquio
verba facit: tametsi ipsum cum exercitu fame et ferro clausum teneret tamen se memorem humanarum rerum si secum foedus faceret
incolumis omnis sub iugum missurum; praeterea uti diebus decem Numidia decederet. Quae quamquam gravia et flagiti plena erant
tamen quia mortis metu mutabantur sicuti regi libuerat pax convenit.
Versione tradotta
Ma Giugurta, accortosi della presunzione e dell'inettitudine
del
luogotenente, continua ad assecondare con astuzia la sua insensatezza e a
mandargli messaggeri per
supplicarlo, mentre egli stesso, quasi a volerlo
evitare, conduce le sue truppe per gole boscose e valichi remoti.
Infine, con la speranza di accordi vantaggiosi indusse Aulo a lasciare
Suthul e a inseguirlo in una
presunta fuga in regioni più interne: in
questo modo il tradimento sarebbe rimasto segreto. Frattanto, servendosi
di abili emissari, saggiava giorno e notte la disponibilità dell'esercito,
corrompeva i centurioni e i
comandanti degli squadroni per indurli, parte
a disertare, parte ad abbandonare le loro posizioni a un segnale
convenuto. Dopo aver preparato tutto secondo i suoi piani, a notte
fonda, d'improvviso, accerchia il campo di
Aulo con un gran numero di
Numidi. I soldati romani sono disorientati dall'insolito trambusto:
alcuni
prendono le armi, altri cercano di nascondersi, pochi fanno
coraggio ai compagni atterriti, tutti si affannano qua e
là. La forza del
nemico è preponderante, l'oscurità è completa per l'ora notturna e le
nubi, il pericolo
è da ogni lato. Non si sapeva insomma, se fosse meglio
fuggire o restare. Fra quelli che, come ho detto, si erano
lasciati
corrompere, passarono al re una coorte di Liguri, due squadroni di Traci e
pochi soldati semplici.
Il centurione primipilo della terza legione aprì
ai nemici un varco attraverso la trincea che gli era stata affidata
da
difendere e di là i Numidi fecero irruzione in massa. I nostri fuggirono
vergognosamente, i più dopo
aver gettato le armi, e occuparono il colle
più vicino. La notte e il saccheggio del campo impedirono al nemico di
sfruttare a pieno la vittoria. Il giorno dopo Giugurta ha un colloquio
con Aulo. Gli fa presente che tiene
in pugno lui e il suo esercito sotto
la minaccia delle armi e della fame. Nondimeno, memore delle vicende
umane, si dichiara disposto, qualora Aulo avesse firmato la pace, a
lasciarli sani e salvi dopo averli fatti passare
sotto il giogo. Aggiunge
che entro dieci giorni doveva abbandonare la Numidia. Queste condizioni
erano
dure e disonorevoli; tuttavia, poiché erano in alternativa alla
prospettiva di morte, si concluse la pace nei termini
voluti dal re.
- Letteratura Latina
- Par. 30-59
- Sallustio