Dione, Paragrafo 4 - Studentville

Dione, Paragrafo 4

Qui quidem cum a Dione se superari videret ingenio auctoritate amore

populi verens ne si eum secum haberet aliquam occasionem sui daret opprimendi navem ei triremem dedit qua Corinthum deveheretur

ostendens se id utriusque facere causa ne cum inter se timerent alteruter alterum praeoccuparet. Id cum factum multi

indignarentur magnaeque esset invidiae tyranno Dionysius omnia quae moveri poterant Dionis in navis imposuit ad eumque misit.

Sic enim existimari volebat id se non odio hominis sed suae salutis fecisse causa. Postea vero quam audivit eum in Peloponneso

manum comparare sibique bellum facere conari Areten Dionis uxorem alii nuptum dedit filiumque eius sic educari iussit ut

indulgendo turpissimis imbueretur cupiditatibus. Nam puero priusquam pubes esset scorta adducebantur vino epulisque obruebatur

neque ullum tempus sobrio relinquebatur. Is usque eo vitae statum commutatum ferre non potuit postquam in patriam rediit pater

– namque appositi erant custodes qui eum a pristino victu deducerent – ut se de superiore parte aedium deiecerit atque ita

interierit. Sed illuc revertor.

Versione tradotta

Questi, in verità si

rendeva conto che Dione lo superava in ingegno, prestigio e simpatia popolare e temendo che, se lo tenesse con sé, gli avrebbe

offerto una qualche occasione per toglierlo di mezzo, gli dette una trireme, con la quale se ne andasse a Corinto, dicendogli

chiaramente che faceva ciò per il bene di tutti e due, perché l'uno dei due, dato il reciproco timore, non sopraffacesse

l'altro. Poiché molti erano indignati per questo fatto e c'era un grande risentimento contro il tiranno, Dionigi fece

imbarcare su delle navi tutti i beni mobili di Dione e glieli spedì. Voleva infatti che si ritenesse che lui aveva agito così

non tanto per odio della persona, ma per la sua propria incolumità. Ma quando venne a sapere che quello apparecchiava nel

Peloponneso un esercito e si apprestava a muovergli guerra, dette Areta la moglie di Dione in sposa ad un altro e ordinò che il

figlio venisse educato in modo tale che, con l'assecondarlo in tutto, venisse fatto crescere tra i più turpi piaceri. Infatti

al ragazzo, prima che diventasse pubere, si portavano prostitute, si rimpinzava di vino e di cibi e non gli si lasciava alcun

tempo per la sua sobrietà. Costui, quando il padre fu tornato in patria e gli assegnò due custodi col compito di distoglierlo

dal precedente modo di vita, a tal punto non poté sopportare la sua nuova condizione, che si gettò dalla parte più alta della

casa e così perì. Ma ripigliamo il filo del racconto.

  • Letteratura Latina
  • Liber de excellentibus gentium (Dion) di Cornelio Nepote
  • Cornelio Nepote

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