Divus Vespasianus Paragrafo 4: versione tradotta - StudentVille

Divus Vespasianus, Paragrafo 4

Claudio principe

Narcissi gratia legatus legionis in Germaniam missus est; inde in Britanniam translatus tricies cum hoste conflixit. Duas

validissimas gentes superque viginti oppida et insulam Vectem Britanniae proximan in dicionem redegit partim Auli Plautii

legati consularis partim Claudi ipsius ductu. Quare triumphalia ornamenta et in brevi spatio duplex sacerdotium accepit

praeterea consulatum quem gessit per duos novissimos anni menses. Medium tempus ad proconsulatum usque in otio secessuque egit

Agrippinam timens potentem adhuc apud filium et defuncti quoque Narcissi amici perosam.
Exim sortitus Africam integerrime

nec sine magna dignatione administravit nisi quod Hadrumeti seditione quadam rapa in eum iacta sunt. Rediit certe nihilo

opulentior ut qui prope labefactata iam fide omnia praedia fratri obligaret necessariosque ad mangonicos quaestus sustinendae

dignitatis causa descenderit; propte quod vulgo mulio vocabatur. Convictus quoque dicitur ducenta sestertia expressisse iuveni

cui latum clavum adversus patris voluntatem impetrarat eoque nomine graviter increpitus.
Peregrinatione Achaica inter

comites Neronis cum cantantem eo aut discederet saepius aut praesens obdormisceret gravissimam contraxit offensam prohibitusque

non contubernio modo sed etiam publica salutatione secessit in parvam ac deviam civitatem quod latenti extrema metuenti

provincia cum exercitu oblata est. Percrebuerat Oriente toto vetus et constans opinio esse in fatis ut eo tempore Iudaea

profecti rerum potirentur. Id de imperatore Romano quantum postea eventu parvit praedictum Iudaei ad se trahentes rebellarunt

caesoque praeposito legatum insuper Syriae consularem suppetias ferentem rapta aquila fugaverunt. Ad hunc motum comprimendum

cum exercitu ampliore et non instrenuo duce cui tamen tuto tanta res committeretur opus esset ipse potissimus delectus est ut

et industriae expertae nec metuendus ullo modo ob humilitatem generis ac nominis. Additis igitur ad copias duabus legionibus

octo alis cohortibus decem atque inter legatos maiore filio assumpto ut primum provinciam attigit proximas quoque convertit in

se correcta statim castrorum disciplina unoque et altero proelio tam constanter inito ut in oppugnatione castelli lapidis ictum

genu scutoque sagittas aliquot exceperit.

Versione tradotta

Sotto il

principato di Claudio, con l’appoggio di Narciso fu inviato in Germania come legato di legione; di là passato in Britannia,

combatté tre volte col nemico. Sottomise due popolazioni assai potenti, più di venti città fortificate e l’isola di Vecti,

vicina alla Britannia, in parte agli ordini del luogotenente consolare Aulo Plauzio, in parte al comando dello stesso Claudio.

Per questo ricevette le insegne del trionfo, poi, in breve spazio di tempo, due cariche sacerdotali e inoltre un consolato, che

esercitò negli ultimi due mesi dell’anno. Nel tempo fino al proconsolato, visse nell’inattività e appartato, temendo

Agrippina, ancora potente sul figlio e profondamente avversa all’amico di Narciso, anche morto. In seguito, avuta in sorte l’

Africa, l’amministrò con assoluta rettitudine e non senza grande stima, benché durante un moto di Adrumeto gli siano state

gettate addosso delle rape. Non ritornò affatto più ricco, dal momento che, ormai svanito il suo credito, ipotecò tutte le sue

proprietà in favore del fratello e per mantenere il suo rango, si abbassò a fare il mercante di bestiame; e per questo veniva

comunemente chiamato «mulattiere». Si dice anche che fu colpevole di aver estorto duecento sesterzi ad un giovane per il quale

aveva ottenuto il laticlavio contro la volontà del padre e che per questo fu severamente rimproverato. Fu nel seguito di Nerone

durante il viaggio in Acaia, ma poiché evitava troppo spesso quello che cantava, o assistendovi sonnecchiava, cadde in grave

disgrazia e, escluso non solo dalla corte, ma anche dai ricevimenti pubblici, si ritirò in una piccola città fuori mano, finché

a lui che si nascondeva e temeva il peggio fu offerta una provincia con l’esercito. In tutto era cresciuta l’antica e costante

tradizione, che fosse destino che a quel tempo avessero il potere supremo coloro che erano venuti dalla Giudea. Applicando a se

stessi questa profezia, che riguardava invece un generale romano, come gli eventi successivi dimostrarono, i Giudei si

ribellarono e, messo a morte il loro procuratore, volsero anche in fuga, rapita un’aquila, il legato consolare di Siria che

portava i soccorsi. Poiché, per reprimere questa rivolta, c’era bisogno di un esercito più grande e un comandante energico, a

cui si potesse affidare senza pericolo tanto grande cosa, fu scelto proprio Vespasiano (LETT. quello), uomo esperto e non da

temere, data l’umiltà delle sue origini e del suo nome. Aggiunte all’esercito due legioni, otto ali e dieci coorti, e preso fra

i suoi legati il figlio maggiore, appena mise piede nella provincia, rivolse a sé anche i paesi vicini, ristabilita

immediatamente la disciplina degli accampamenti, e affrontò tanto coraggiosamente l’uno e l’altro combattimento che,

all’assedio di un forte, fu colpito ad un ginocchio da una pietra e sul suo scudo da alcune frecce.

  • Letteratura Latina
  • Divus Vespasianus di Svetonio
  • Svetonio

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