Quorsus hoc? Ut intellegeretis, si voluptatem aspernari ratione et sapientia non possemus, magnam habendam esse
senectuti gratiam, quae efficeret, ut id non liberet, quod non operteret. Impedit enim consilium voluptas, rationi inimica est,
mentis, ut ita dicam, praestringit oculos, nec habet ullum cum virtute commercium. Invitus feci, ut fortissimi viri T.
Flaminini fratrem L. Flamininum e senatu eicerem septem annis post quam consul fuisset, sed notandam putavi libidinem. Ille
enim, cum esset consul in Gallia, exoratus in convivio a scorto est, ut securi feriret aliquem eorum, qui in vinculis essent,
damnati rei capitalis. Hic Tito fratre suo censore, qui proximus ante me fuerat, elapsus est; mihi vero et Flacco neutiquam
probari potuit tam flagitiosa et tam perdita libido, quae cum probro privato coniungeret imperi dedecus.
Versione tradotta
Dove va a parare ciò? Affinché capiate che, se non potessimo respingere il piacere con la ragione e la saggezza, dovremmo
essere molto grati alla vecchiaia, che fa sì che non ci sia gradito ciò che non si deve. Infatti il piacere ostacola il senno,
è nemico della ragione, offusca, per così dire, gli occhi della mente, e non ha alcun rapporto con la virtù. Malvolentieri feci
in modo da espellere dal senato Lucio Flaminino, fratello del valorosissimo Tito Flaminino, sette anni dopo che era stato
console, ma ritenni di censurarne la dissolutezza. Egli infatti, quando era console in Gallia, durante un banchetto fu indotto
da una prostituta a decapitare con una scure uno di coloro che erano in carcere, condannati a morte. Egli, quando era censore
suo fratello Tito, se la cavò; in nessun modo poté essere ammessa da me e da Flacco [Lucio Valerio Flacco, collega di Catone
nel consolato e nella censura] una dissolutezza tanto funesta e depravata, che aggiungeva allinfamia privata il disonore della
carica.
- Letteratura Latina
- De Senectute di Cicerone
- Cicerone
- De Senectute