Versione tradotta Tacito: Paragrafo 43 di Agricola
Finis vitae eius nobis luctuosus amicis tristis
extraneis etiam ignotisque non sine cura fuit. vulgus quoque et hic aliud agens populus et ventitavere ad domum et per fora et
circulos locuti sunt; nec quisquam audita morte Agricolae aut laetatus est aut statim oblitus. Augebat miserationem constans
rumor veneno interceptum: nobis nihil comperti [ut] adfirmare ausim. Ceterum per omnem valetudinem eius crebrius quam ex more
principatus per nuntios visentis et libertorum primi et medicorum intimi venere sive cura illud sive inquisitio erat. Supremo
quidem die momenta ipsa deficientis per dispositos cursores nuntiata constabat nullo credente sic adcelerari quae tristis
audiret. Speciem tamen doloris animi vultu prae se tulit securus iam odii et qui facilius dissimularet gaudium quam metum.
Satis constabat lecto testamento Agricolae quo coheredem optimae uxori et piissimae filiae Domitianum scripsit laetatum eum
velut honore iudicioque. Tam caeca et corrupta mens adsiduis adulationibus erat ut nesciret a bono patre non scribi heredem
nisi malum principem.
Versione tradotta
La sua morte, triste per i familiari,
dolorosa per gli amici, anche per gli estranei e per chi non lo conosceva, non fu indifferente. Anche la folla e questo popolo
che si occupa di altro andavano e venivano da quella casa e attraverso fori e teatri parlava (della sua morte); e nessuno,
saputo della morte di Agricola, si rallegrò né se ne dimenticò immediatamente. Aumentava la commiserazione la voce concorde che
egli fosse stato avvelenato: in nostro possesso non vi è alcuna prova per cui io osi affermare ciò. Del resto durante tutta la
malattia, più frequentemente di quanto sia l’abitudine del principe che si informa per mezzo di messi, i più vicini dei liberti
ed i più fidati dei medici giunsero per investigare con particolare sollecitudine. Senza dubbio l’ultimo giorno era noto che le
fasi del suo spegnersi furono annunciate da corrieri disposti per l’appunto, benché nessuno credesse che egli desiderasse gli
fossero portate più in fretta quelle notizie che triste avrebbe ascoltato. Tuttavia nell’animo e nel volto ostentò un segno di
dolore perché ormai era libero dall’odio e perché dissimulava più facilmente la gioia che la paura. Era noto dalla lettura del
testamento di Agricola in cui scrisse Domiziano coerede dell’ottima moglie e della piissima figlia, rallegrato come per un
giudizio di stima. Tanto cieca era la sua mente e corrotta dalla continua adulazione da non capire che un buon padre non
lasciava una parte del patrimonio se non ad un cattivo principe.
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