Hunc igitur diem campi speratum atque exoptatum sibi proponens Milo cruentis manibus scelus et facinus prae se ferens et confitens ad illa augusta centuriarum auspicia veniebat? Quam hoc non credibile in hoc! quam idem in Clodio non dubitandum cum se ille interfecto Milone regnaturum putaret! Quid? (quod caput est [audaciae] iudices) quis ignorat maximam inlecebram esse peccandi impunitatis spem? In utro igitur haec fuit? in Milone qui etiam nunc reus est facti aut praeclari aut certe necessarii an in Clodio qui ita iudicia poenamque contempserat ut eum nihil delectaret quod aut per naturam fas esset aut per leges liceret.
Versione tradotta
Dunque, Milone, col pensiero fisso al giorno ardentemente desiderato dei comizi, si sarebbe accostato ai sacri auspici delle centurie con le mani lorde di sangue, ostentando e ammettendo il suo scellerato delitto? Com'è incredibile un tale comportamento in lui e com'è, invece, da non mettere in dubbio in Clodio, che riteneva di poter diventare nostro re una volta eliminato Milone! E che dire di quell'argomento di capitale importanza? Chi ignora, giudici, che i temerari trovano la maggiore istigazione a delinquere proprio nella speranza di restare impuniti? Chi dei due la nutrì? Milone, che anche adesso è incolpato di un'azione encomiabile o comunque necessaria, oppure Clodio, che a tal punto aveva spregiato processi e punizioni da non provar gusto a nulla che fosse consentito per natura o lecito per legge?
- Letteratura Latina
- Pro Milone di Cicerone
- Cicerone