Quorsus igitur tam multa de voluptate? Quia non modo vituperatio nulla, sed etiam summa laus senectutis est,
quod ea voluptates nullas magno opere desiderat. Caret epulis extructisque mensis et frequentibus poculis; caret ergo etiam
vinulentia et cruditate et insomniis. Sed si aliquid dandum est voluptati, quoniam eius blanditiis non facile obsistimus, —
divine enim Plato ‘escam malorum’ appellat voluptatam, quod ea videlicet homines capiantur ut pisces, –quamquam
immoderatis epulis caret senectus, modicis tamen coviviis delectari potest. C. Duellium M. f., qui Poenos classe primus
devicerat, redeuntem a cena senem saepe videbam puer; delectabatur cereo funali et tibicine, quae sibi nullo exemplo privatus
sumpserat; tantum licentiae dabat gloria.
Versione tradotta
A che dunque tante parole sul piacere? Perché non solo nessun rimprovero, ma anzi
grandissima lode costituisce per la vecchiaia il fatto che essa non sente assolutamente la mancanza di alcun piacere. Ignora i
festini e le mense imbandite e le continue libagioni; ignora dunque anche l'ubriachezza, le indigestioni e le notti in
bianco. Ma se qualcosa bisogna pur concedere al piacere, dato che non resistiamo facilmente alle sue lusinghe - infatti Platone
definisce divinamente "esca dei mali" il piacere, perché da esso chiaramente gli uomini vengono catturati come pesci - benché
la vecchiaia ignori festini smodati, tuttavia può trarre diletto da conviti moderati. Spesso, quando ero fanciullo, vedevo Caio
Duilio, figlio di Marco, che per primo aveva sconfitto i Cartaginesi in una battaglia navale, mentre tornava a casa da cena:
provava diletto (a farsi accompagnare) da una torcia di cera e da un flautista, cose che si era attribuito da privato cittadino
senza alcun esempio [questo onore era stato attribuito a Duilio a vita, per le sue vittorie navali]: tanta licenza gli dava la
sua gloria!
- Letteratura Latina
- De Senectute di Cicerone
- Cicerone
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