Bellum Iugurthinum Paragrafo 44 - StudentVille

Bellum Iugurthinum, Paragrafo 44

Sed ubi in Africam

venit exercitus [ei] traditus a Sp. Albino proconsule iners inbellis neque periculi neque laboris patiens lingua quam manu

promptior praedator ex sociis et ipse praeda hostium sine imperio et modestia habitus. Ita imperatori nouo plus ex malis

moribus sollicitudinis quam ex copia militum auxili aut spei bonae accedebat. Statuit tamen Metellus quamquam et aestiuorum

tempus comitiorum mora imminuerat et expectatione eventus civium animos intentos putabat non prius bellum attingere quam

maiorum disciplina milites laborare coegisset. Nam Albinus Auli fratris exercitusque clade perculsus postquam decreverat non

egredi prouincia quantum temporis aestiuorum in imperio fuit plerumque milites statiuis castris habebat nisi cum odor aut

pabuli egestas locum mutare subegerat. Sed neque muniebatur neque more militari vigiliae deducebantur; uti cuique libebat ab

signis aberat; lixae permixti cum militibus diu noctuque uagabantur et palantes agros vastare villas expugnare pecoris et

mancipiorum praedas certantes agere eaque mutare cum mercatoribus vino aduecticio et aliis talibus; praeterea frumentum publice

datum vendere panem in dies mercari; postremo quaecumque dici aut fingi queunt ignaviae luxuriaeque probra ea in illo exercitu

cuncta fuere et alia amplius.

Versione tradotta

Ma al suo arrivo in Africa, gli viene consegnato

dal proconsole
Spurio Albino un esercito fiacco, imbelle, insofferente di pericoli e di
fatiche, più lesto

di lingua che di mano, pronto a depredare gli alleati,
ma esso stesso facile preda del nemico, disabituato

all’autorità e alla
disciplina. Perciò nel nuovo comandante i motivi di preoccupazione per
le pessime

abitudini dei soldati superavano le ragioni di conforto o di
speranza, che potevano venire dal loro numero. Ora

Metello, nonostante
che il ritardo dei comizi avesse abbreviato il tempo utile per la campagna
estiva e

benché sapesse che i suoi concittadini attendevano con impazienza
gli sviluppi degli eventi, decise di non iniziare

le operazioni prima di
aver piegato i soldati alla durezza della antica disciplina. Infatti
Albino, scosso

dalla disfatta del fratello Aulo e dell’esercito, dopo aver
deciso di non uscire dalla provincia, per tutto il

periodo dell’estate in
cui rimase al comando, tenne per lo più i soldati negli alloggiamenti
stabili,

spostandosi solo quando lo costringevano il cattivo odore o la
mancanza di foraggio. Ma il campo non era fortificato

e non si montava
la guardia secondo l’uso militare; ognuno poteva allontanarsi dai reparti
a piacimento;

vivandieri e soldati, mescolati insieme, andavano in giro
giorno e notte, e scorrazzando qua e là devastavano le

campagne,
saccheggiavano le fattorie, rubavano a gara bestiame e schiavi che
barattavano con i mercanti in

cambio di vini importati e di altri prodotti
di questo genere; in più vendevano il grano fornito dallo Stato e

compravano tutti i giorni il pane fresco. In una parola, tutto ciò che di
peggio si può dire o immaginare a

proposito di indolenza e corruzione, lo
si trovava in quell’esercito, e altro ancora.

  • Letteratura Latina
  • Par. 30-59
  • Sallustio

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