Sed ubi in Africam
venit exercitus [ei] traditus a Sp. Albino proconsule iners inbellis neque periculi neque laboris patiens lingua quam manu
promptior praedator ex sociis et ipse praeda hostium sine imperio et modestia habitus. Ita imperatori nouo plus ex malis
moribus sollicitudinis quam ex copia militum auxili aut spei bonae accedebat. Statuit tamen Metellus quamquam et aestiuorum
tempus comitiorum mora imminuerat et expectatione eventus civium animos intentos putabat non prius bellum attingere quam
maiorum disciplina milites laborare coegisset. Nam Albinus Auli fratris exercitusque clade perculsus postquam decreverat non
egredi prouincia quantum temporis aestiuorum in imperio fuit plerumque milites statiuis castris habebat nisi cum odor aut
pabuli egestas locum mutare subegerat. Sed neque muniebatur neque more militari vigiliae deducebantur; uti cuique libebat ab
signis aberat; lixae permixti cum militibus diu noctuque uagabantur et palantes agros vastare villas expugnare pecoris et
mancipiorum praedas certantes agere eaque mutare cum mercatoribus vino aduecticio et aliis talibus; praeterea frumentum publice
datum vendere panem in dies mercari; postremo quaecumque dici aut fingi queunt ignaviae luxuriaeque probra ea in illo exercitu
cuncta fuere et alia amplius.
Versione tradotta
Ma al suo arrivo in Africa, gli viene consegnato
dal proconsole
Spurio Albino un esercito fiacco, imbelle, insofferente di pericoli e di
fatiche, più lesto
di lingua che di mano, pronto a depredare gli alleati,
ma esso stesso facile preda del nemico, disabituato
all’autorità e alla
disciplina. Perciò nel nuovo comandante i motivi di preoccupazione per
le pessime
abitudini dei soldati superavano le ragioni di conforto o di
speranza, che potevano venire dal loro numero. Ora
Metello, nonostante
che il ritardo dei comizi avesse abbreviato il tempo utile per la campagna
estiva e
benché sapesse che i suoi concittadini attendevano con impazienza
gli sviluppi degli eventi, decise di non iniziare
le operazioni prima di
aver piegato i soldati alla durezza della antica disciplina. Infatti
Albino, scosso
dalla disfatta del fratello Aulo e dell’esercito, dopo aver
deciso di non uscire dalla provincia, per tutto il
periodo dell’estate in
cui rimase al comando, tenne per lo più i soldati negli alloggiamenti
stabili,
spostandosi solo quando lo costringevano il cattivo odore o la
mancanza di foraggio. Ma il campo non era fortificato
e non si montava
la guardia secondo l’uso militare; ognuno poteva allontanarsi dai reparti
a piacimento;
vivandieri e soldati, mescolati insieme, andavano in giro
giorno e notte, e scorrazzando qua e là devastavano le
campagne,
saccheggiavano le fattorie, rubavano a gara bestiame e schiavi che
barattavano con i mercanti in
cambio di vini importati e di altri prodotti
di questo genere; in più vendevano il grano fornito dallo Stato e
compravano tutti i giorni il pane fresco. In una parola, tutto ciò che di
peggio si può dire o immaginare a
proposito di indolenza e corruzione, lo
si trovava in quell’esercito, e altro ancora.
- Letteratura Latina
- Par. 30-59
- Sallustio