Interea Iugurtha ubi quae Metellus agebat ex nuntiis accepit simul de innocentia eius certior Roma[e]
factus diffidere suis rebus ac tum demum veram deditionem facere conatus est. Igitur legatos ad consulem cum suppliciis mittit
qui tantummodo ipsi liberisque vitam peterent alia omnia dederent populo Romano. Sed Metello iam antea experimentis cognitum
erat genus Numidarum infidum ingenio mobili novarum rerum auidum esse. Itaque legatos alium ab alio diuersos aggreditur ac
paulatim temptando postquam opportunos sibi cognovit multa pollicendo persuadet uti Iugurtham maxime viuum sin id parum
procedat necatum sibi traderent. Ceterum palam quae ex voluntate forent regi nuntiari iubet. Deinde ipse paucis diebus intento
atque infesto exercitu in Numidiam procedit ubi contra belli faciem tuguria plena hominum pecora cultoresque in agris erant. Ex
oppidis et mapalibus praefecti regis obvii procedebant parati frumentum dare commeatum portare postremo omnia quae imperarentur
facere. Neque Metellus idcirco minus sed pariter ac si hostes adessent munito agmine incedere late explorare omnia illa
deditionis signa ostentui credere et insidiis locum temptari. Itaque ipse cum expeditis cohortibus item funditorum et
sagittariorum delecta manu apud primos erat in postremo C. Marius legatus cum equitibus curabat in utrumque latus auxiliarios
equites tribunis legionum et praefectis cohortium dispertiuerat ut cum iis permixti uelites quocumque accederent equitatus
hostium propulsarent. Nam in Iugurtha tantus dolus tantaque peritia locorum et militiae erat ut absens an praesens pacem an
bellum gerens perniciosior esset in incerto haberetur.
Versione tradotta
Giugurta, informato dalle sue spie dei preparativi di Metello, la
cui
integrità, del resto, gli era stata confermata da Roma, cominciò a
dubitare della sua sorte e per la prima volta
tentò davvero di trattare la
resa. Invia, quindi, al console ambasciatori con le insegne di supplici
incaricati di chiedere per lui e per i figli soltanto la vita e di
lasciare tutto il resto alla discrezione del
popolo romano. Ma
l’esperienza aveva già insegnato a Metello che la razza dei Numidi era
infida, di
carattere volubile e avida di novità. Avvicina dunque gli
ambasciatori separatamente l’uno dall’altro, ne saggia a
poco a poco la
disponibilità e, quando li trova condiscendenti, li persuade con molte
promesse a
consegnargli Giugurta preferibilmente vivo, o, se non sia
possibile, morto. In pubblico, poi, li incarica di riferire
al re risposte
conformi ai suoi desideri. Pochi giorni dopo Metello con l’esercito in
pieno assetto e
pronto a combattere invade la Numidia e non vi trova alcun
indizio di guerra: le capanne erano piene di gente e nei
campi c’erano
greggi e contadini. I prefetti del re gli venivano incontro da città e
villaggi, disposti a
consegnare grano, a portare vettovaglie, a fare,
insomma, tutto ciò che venisse loro ordinato. Metello, però,
proprio
come se il nemico si trovasse nelle vicinanze, avanzava in formazione di
combattimento e faceva
esplorare il territorio tutt’intorno per un vasto
tratto, in quanto riteneva che quegli atti di sottomissione
fossero
simulati e che il nemico cercasse l’occasione per un agguato. Egli stava
quindi all’avanguardia
con le coorti armate alla leggera e con un
drappello scelto di frombolieri e di arcieri; il suo luogotenente Gaio
Mario controllava la retroguardia con la cavalleria. Su entrambi i fianchi
aveva ripartito la cavalleria
ausiliaria fra i tribuni delle legioni e i
prefetti delle coorti perché i veliti, frammisti ad essa, potessero
respingere i cavalieri nemici da qualunque parte attaccassero. Giugurta,
infatti, era così astuto e così esperto
dei luoghi e dell’arte della
guerra, che non si sapeva se fosse più pericoloso averlo vicino o lontano,
in
pace o in guerra.
- Bellum Iugurthinum
- Par. 30-59
- Sallustio