O praeclaram sapientiam! Solem enim e mundo tollere videntur, qui amicitiam e vita tollunt, qua
nihil a dis immortalibus melius habemus, nihil iucundius. Quae est enim ista securitas? Specie quidem blanda sed reapse multis
locis repudianda. Neque enim est consentaneum ullam honestam rem actionemve, ne sollicitus sis, aut non suscipere aut susceptam
deponere. Quod si curam fugimus, virtus fugienda est, quae necesse est cum aliqua cura res sibi contrarias aspernetur atque
oderit, ut bonitas malitiam, temperantia libidinem, ignaviam fortitudo; itaque videas rebus iniustis iustos maxime dolere,
imbellibus fortes, flagitiosis modestos. Ergo hoc proprium est animi bene constituti, et laetari bonis rebus et dolere
contrariis.
Versione tradotta
Oh, la
grande sapienza! Il sole, infatti, par che tolgano al mondo, quelli che tolgono alla vita l'amicizia, della quale nulla di
meglio abbiamo avuto dagli dèi immortali, nulla di più piacevole! Che sorta di tranquillità è codesta? In apparenza seducente,
in realtà per molti rispetti esecrabile. Non è ragionevole, infatti, non intraprendere una cosa o una azione onesta, oppure,
intrapresa, lasciarla, per non essere inquieto. Che se rifuggiamo dalle preoccupazioni, dobbiamo rifuggire dalla virtù, la
quale è necessario che con qualche inquietudine sprezzi e odi le cose a sé contrarie, come la rettitudine la malizia, la
temperanza la libidine, la viltà il coraggio; e così puoi vedere i giusti massimamente affliggersi per le ingiustizie, i forti
per le viltà, i moderati per le azioni vergognose. là dunque proprio di un animo ben formato e allietarsi delle cose buone e
dolersi delle contrarie.
- Letteratura Latina
- De Amicitia di Cicerone
- Cicerone