Bellum Iugurthinum Paragrafo 49: versione tradotta - StudentVille

Bellum Iugurthinum, Paragrafo 49

Igitur in eo colle quem transuerso itinere porrectum docuimus Iugurtha extenuata suorum acie consedit.

Elephantis et parti copiarum pedestrium Bomilcarem praefecit eumque edocet quae ageret. Ipse propior montem cum omni equitatu

et peditibus delectis suos collocat. Dein singulas turmas et manipulos circumiens monet atque obtestatur uti memores pristinae

virtutis et victoriae sese regnumque suum ab Romanorum auaritia defendant: cum iis certamen fore quos antea victos sub iugum

miserint; ducem illis non animum mutatum; quae ab imperatore decuerint omnia suis prouisa locum superiorem ut prudentes cum

imperitis ne pauciores cum pluribus aut rudes cum belli melioribus manum consererent. Proinde parati intentique essent signo

dato Romanos invadere: illum diem aut omnis labores et victorias confirmaturum aut maximarum aerumnarum initium fore. Ad hoc

viritim uti quemque ob militare facinus pecunia aut honore extulerat commonefacere benefici sui et eum ipsum aliis ostentare

postremo pro cuiusque ingenio pollicendo minitando obtestando alium alio modo excitare cum interim Metellus ignarus hostium

monte degrediens cum exercitu conspicatur. Primo dubius quidnam insolita facies ostenderet–nam inter virgulta equi Numidaeque

consederant neque plane occultati humilitate arborum et tamen incerti quidnam esset cum natura loci tum dolo ipsi atque signa

militaria obscurati– dein brevi cognitis insidiis paulisper agmen constituit. Ibi commutatis ordinibus in dextro latere quod

proximum hostis erat triplicibus subsidiis aciem instruxit inter manipulos funditores et sagittarios dispertit equitatum omnem

in cornibus locat ac pauca pro tempore milites hortatus aciem sicuti instruxerat transuersis principiis in planum deducit.

Versione tradotta

Giugurta, dunque,

prese posizione su quel colle, che, come si è
detto, si estendeva in direzione trasversale, e dispose i suoi su un

fronte lungo e sottile. Assegnò il comando degli elefanti e di una parte
della fanteria a Bomilcare

dandogli precise istruzioni; schiera i suoi più
vicino al monte con tutta la cavalleria e con drappelli scelti di

fanteria. Poi, passando in rassegna ad uno ad uno gli squadroni di
cavalleria e i manipoli dei fanti, li

incoraggia e li scongiura di
difendere, memori del loro antico valore e della recente vittoria, sia lui
che

il suo regno dall’avidità dei Romani. Diceva loro che dovevano
affrontare quegli stessi soldati che già una volta

avevano sconfitto e
fatto passare sotto il giogo: questi ora avevano cambiato il comandante,
non l’animo.

Da parte sua, aveva predisposto per i suoi tutto quanto
spetta a un comandante preparare: aveva occupato una

posizione dominante,
aveva fatto sì che, pratici dei luoghi, combattessero contro un nemico che
ne era

invece ignaro, e che non fossero inferiori ai Romani né per numero
né per esperienza militare. Li esortava quindi a

stare all’erta e pronti
ad attaccare i Romani al segnale, perché quel giorno o avrebbe coronato
tutti i

loro sforzi di vittoria o sarebbe stato l’inizio delle più grandi
sventure. Rivolgendosi poi personalmente a quelli

che aveva premiato con
denaro o con onorificenze per qualche fatto d’arme, ricordava loro i
benefici

concessi, additandoli come esempio agli altri. Incitava, infine,
ognuno secondo il suo carattere, chi in un modo e

chi in un altro,
promettendo, minacciando o supplicando. Intanto Metello, ignaro della
presenza del nemico,

mentre scende dal monte con l’esercito, scorge
qualcosa. Dapprima non riesce a capire il significato di quello

strano
spettacolo. I Numidi con i loro cavalli si erano appostati tra i cespugli:
non erano del tutto

nascosti dagli alberi bassi, e tuttavia non si
riconoscevano facilmente, perché la natura del terreno e l’astuzia

dell’uomo non consentivano di distinguere né loro né le insegne. Presto,
però, si accorse dell’agguato e

ordinò una breve sosta. Quindi, cambiato
l’ordine di battaglia, rafforzò con tre linee di riserva il fronte sul

fianco destro, che era il più vicino al nemico; distribuì tra i manipoli i
frombolieri e gli arcieri;

dispose tutta la cavalleria sulle ali, e dopo
aver rivolto poche parole d’incoraggiamento ai soldati, come volevano

le
circostanze, condusse nella pianura l’esercito così schierato, con la
prima linea posta di

fianco.

  • Letteratura Latina
  • Par. 30-59
  • Sallustio

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