Haec dam apud Hellespontum geruntur Perdiccas apud Nilum flumen interficitur a Seleuco et Antigene
rerumque summa ad Antipatrum defertur. Hic qui deseruerant exercitu suffragium ferente capitis absentes damnantur in his
Eumenes. Hae ille perculsus plaga non succubuit neque eo setius bellum administravit. Sed exiles res animi magnitudinem etsi
non frangebant tamen minuebant. Hunc persequens Antigonus dum omni genere copiarum abundaret saepe in itineribus vexabatur
neque umquam ad manum accedere licebat nisi iis locis quibus pauci multis possent resistere. Sed extremo tempore cum consilio
capi non posset multitudine circumitus est. Hinc tamen multis suis amissis se expedivit et in castellum Phrygiae quod Nora
appellatur confugit. In quo cum circumsederetur et vereretur ne uno loco manens equos militares perderet quod spatium non
esset agitandi callidum fuit eius inventum quemadmodum stans iumentum concalfieri exercerique posset quo libentius et cibo
uteretur et a corporis motu non removeretur. Substringebat caput loro altius quam ut prioribus pedibus plene terram posset
attingere; deinde post verberibus cogebat exsultare et calces remittere. Qui motus non minus sudorem excutiebat quam si in
spatio decurreret. Quo factum est quod omnibus mirabile est visum ut aeque iumenta nitida ex castello educeret cum complures
menses in obsidione fuisset ac si in campestribus ea locis habuisset. In hac conclusione quotienscumque voluit apparatum et
munitiones Antigoni alias incendit alias disiecit. Tenuit autem se uno loco quamdiu hiems fuit quod castra sub divo habere non
poterat. Ver appropinquabat: simulata deditione dum de condicionibus tractat praefectis Antigoni imposuit seque ac suos omnes
extraxit incolumis.
Versione tradotta
Mentre sull’Ellesponto si
svolgono tali fatti, Perdicca viene ucciso presso il fiume Nilo da Selèuco ed Antigene ed il potere supremo viene trasferito ad
Antípatro. A questo punto si fece una votazione tra Vesercito e quelli che si erano staccati da Antipatro furono condannati a
morte in contumacia, tra essi Eumene. Egli sebbene scosso da questo colpo, non si arrese né tantomeno rinunziò a condurre la
guerra. Ma la scarsità dei mezzi anche se non spezzava il suo forte animo, tuttavia lo indeboliva. Antigono gli dava la
caccia, ma pur disponendo in abbondanza di ogni sorta di milizie spesso era da lui molestato nelle sue marce e non gli era mai
possibile di venire alle mani, se non in quei luoghi in cui pochi potessero tener testa a molti. Ma alla fine, non potendo
essere preso con l’arte, fu accerchiato dalla moltitudine dei soldati. Pur con molte perdite riuscì tuttavia a liberarsi, e si
rifugiò in una fortezza della Frigia, chiamata Nora. In questa era assediato e temeva, rimanendo in un medesimo luogo, di
rovinare i cavalli da guerra perché non c’era spazio per esercitarli. Escogitò allora un sistema ingegnoso per cui pur in
piedi ed al suo posto il cavallo potesse scaldarsi ed esercitarsi, nonché mangiare più volentieri senza che fosse impedito nei
suoi movimenti. Ne legava la testa con una cinghia più in alto di quanto occorresse per poter poggiare pienamente a terra con
le zampe anteriori, poi con frustate sul groppone lo costringeva a saltare e tirar calci; questo movimento provocava non meno
sudore che se corresse all’aperto. E così avvenne che, e la cosa meravigliò tutti, pur rimasto assediato per parecchi mesi,
portò fuori dalla fortezza dei cavalli splendidi, come se li avesse tenuti in aperta campagna. Durante l’assedio, ogni volta
che lo volle, ora incendiò le macchine belliche e le fortificazioni di Antigono, ora le distrusse. Si mantenne tuttavia per
tutta la durata dell’inverno nello stesso luogo, perché non poteva tenere l’accampamento a cielo aperto. Si avvicinava la
primavera: fingendo di arrendersi, mentre ne trattava le condizioni, ingannò gli ufficiali di Antigono e trasse fuori incolumi
sé e tutti i suoi.
- Letteratura Latina
- De viris illustribus (Eumenes) di Cornelio Nepote
- Cornelio Nepote
- De viris illustribus