Pro Milone Paragrafo 5: versione tradotta - StudentVille

Pro Milone, Paragrafo 5

Quid

enim nobis duobus, iudices, laboriosius, quid magis sollicitum, magis exercitum dici aut fingi potest, qui, spe amplissimorum

praemiorum ad rein publicam adducti, metu crudelissimorum suppliciorum carere non possumus? Equidem ceteras tempestates et

procellas in illis dum taxat fluctibus contionum semper putavi Miloni esse subeundas, quia semper pro bonis contra improbos

senserat; in iudicio vero, et in eo consilio in quo ex cunctis ordinibus amplissimi viri iudicarent, numquam existimavi spem

ullam esse habituros Milonis inimicos, ad eius non modo salutem exstinguendam, sed etiam gloriam per talis viros

infringendam.

Versione tradotta

Che si potrebbe dire o inventare, giudici, di più molesto,

infelice o doloroso per noi due che, attratti alla vita politica dalla speranza dei più alti riconoscimenti, non possiamo

liberarci dal terrore delle più crudeli vendette? Certo, io ho sempre pensato che destino di Milone fosse di affrontare

tempeste e uragani, almeno quelli che si scatenano in mezzo ai flutti delle assemblee popolari, perché si era sempre schierato

dalla parte dei cittadini onesti contro i soprusi dei prepotenti. Ma non ho mai pensato che all’interno del tribunale,

nell’ambito di un processo dove a giudicare sono gli esponenti più autorevoli dei vari ordini romani, i nemici di Milone

avessero qualche speranza, attraverso uomini come voi, di mettere in pericolo la sua vita o di sminuire la sua fama.

  • Letteratura Latina
  • Pro Milone di Cicerone
  • Cicerone

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