Quid, si illud etiam addimus, quod recte addi potest, nihil
esse quod ad se rem ullam tam alliciat et attrahat quam ad amicitiam similitudo? concedetur profecto verum esse, ut bonos boni
diligant adsciscantque sibi quasi propinquitate coniunctos atque natura. Nihil est enim appetentius similium sui nec rapacius
quam natura. Quam ob rem hoc quidem, Fanni et Scaevola, constet, ut opinor, bonis inter bonos quasi necessariam benevolentiam,
qui est amicitiae fons a natura constitutus. Sed eadem bonitas etiam ad multitudinem pertinet. Non enim est inhumana virtus
neque immunis neque superba, quae etiam populos universos tueri iisque optime consulere soleat; quod non faceret profecto, si a
caritate vulgi abhorreret.
Versione tradotta
E che, se aggiungiamo anche
questo, e senza errore si può aggiungere, non esservi nulla che a sé alletti e attragga cosa alcuna, quanto all'amicizia la
somiglianza? Si concederà certo esser vero che i buoni amano e a sé attirano i buoni, quasi fossero congiunti per parentela e
natura: nulla, infatti, brama di più che la natura cose simili a sé e a sé le rapisce. Per la qual cosa, o Fannio e Scevola,
sia chiaro, come credo, che per i buoni tra i buoni v'è un necessario volersi bene, e questa è la fonte dell'amicizia
costituita dalla natura. Ma la medesima bontà si stende anche all'altra gente. La virtù, infatti, non è disumana, non
egoista, non superba, essa che suole proteggere anche interi popoli e provvedere ottimamente ai loro bisogni: cosa che certo
non farebbe, se rifuggisse dall'affetto per gli uomini.
- Letteratura Latina
- De Amicitia di Cicerone
- Cicerone