Sed ubi Numidas
quietos neque colli degredi animaduertit veritus ex anni tempore et inopia aquae ne siti conficeretur exercitus Rutilium
legatum cum expeditis cohortibus et parte equitum praemisit ad flumen uti locum castris antecaperet existimans hostis crebro
impetu et transuersis proeliis iter suum remoraturos et quoniam armis diffiderent lassitudinem et sitim militum temptaturos.
Deinde ipse pro re atque loco sicuti monte descenderat paulatim procedere Marium post principia habere ipse cum sinistrae alae
equitibus esse qui in agmine principes facti erant. At Iugurtha ubi extremum agmen Metelli primos suos praetergressum videt
praesidio quasi duum milium peditum montem occupat qua Metellus descenderat ne forte cedentibus aduersariis receptui ac post
munimento foret. Dein repente signo dato hostis invadit. Numidae alii postremos caedere pars a sinistra ac dextra temptare
infensi adesse atque instare omnibus locis Romanorum ordines conturbare. Quorum etiam qui firmioribus animis obvii hostibus
fuerant ludificati incerto proelio ipsi modo eminus sauciabantur neque contra feriendi aut conserendi manum copia erat. Ante
iam docti ab Iugurtha equites ubi Romanorum turma insequi coeperat non confertim neque in unum sese recipiebant sed alius alio
quam maxime diuersi. Ita numero priores si ab persequendo hostis deterrere nequiuerant disiectos ab tergo aut lateribus
circumveniebant; sin opportunior fugae collis quam campi fuerat ea vero consueti Numidarum equi facile inter virgulta euadere
nostros asperitas et insolentia loci retinebat.
Versione tradotta
Ma poiché vide i Numidi restare immobili, senza
discendere dal colle,
temendo che per la stagione e per la scarsità d’acqua l’esercito potesse
essere
sfinito dalla sete, mandò avanti verso il fiume il luogotenente
Rutilio con le coorti armate alla leggera e una parte
della cavalleria
perché occupasse per primo una posizione per l’accampamento. Prevedeva
infatti che i
nemici avrebbero ritardato la sua marcia con frequenti
assalti e attacchi portati sui fianchi, e che, non fidando
nelle armi,
avrebbero fatto assegnamento sulla stanchezza e sulla sete dei suoi.
Poi, egli, come
richiedevano le circostanze e il terreno, cominciò ad
avanzare lentamente nello stesso ordine in cui era sceso dal
monte; teneva
Mario dietro la prima linea, mentre lui stesso rimaneva con la cavalleria
dell’ala sinistra,
che nella marcia era diventata l’avanguardia. Ma
Giugurta, quando vede che la retroguardia di Metello ha già
oltrepassato
le sue prime linee, con un presidio di circa duemila fanti occupa la cima
da cui era disceso
Metello, perché non servisse come rifugio e poi come
difesa ai nemici in caso di ritirata. Poi all’improvviso dà il
segnale e
piomba sul nemico. Alcuni dei Numidi fanno strage nella retroguardia,
altri attaccano da
sinistra e da destra: assalgono e incalzano
furiosamente, mettono scompiglio in tutto lo schieramento dei Romani. Di
questi, anche coloro che avevano affrontato il nemico con maggior
determinazione, rimanevano sconcertati da
quel modo di combattere senza
regole: essi soli venivano feriti da lontano, mentre non avevano la
possibilità di colpire a loro volta o di venire al corpo a corpo. I
cavalieri numidi, già istruiti da Giugurta, non
appena uno squadrone
romano cominciava a inseguirli, non si ritiravano in file serrate né in un
unico
luogo, ma si disperdevano quanto più potevano, chi in una direzione
chi in un’altra. Così, superiori di numero
com’erano, se non potevano
impedire ai nemici di inseguirli, riuscivano però a scompaginarli e poi li
aggiravano alle spalle o ai fianchi. Se invece alla fuga si prestava
meglio il colle della pianura, i cavalli dei
Numidi, già abituati,
riuscivano facilmente a mettersi in salvo per di là, destreggiandosi tra i
cespugli.
I nostri, invece, erano ostacolati dal terrreno scosceso, di cui
non avevano esperienza.
- Letteratura Latina
- Par. 30-59
- Sallustio