Venio nunc ad voluptates agricolarum, quibus ego
incredibiliter delector; quae nec ulla impediuntur senectute et mihi ad sapientis vitam proxime videntur accedere. Habent enim
rationem cum terra, quae numquam recusat imperium nec umquam sine usura reddit, quod accepit, sed alias minore, plerumque
maiore cum faenore. Quamquam me quidem non fructus modo, sed etiam ipsius terrae vis ac natura delectat. Quae cum gremio
mollito ac subacto sparsum semen excepit, primum id occaecatum cohibet, ex quo occatio, quae hoc efficit, nominata est, deinde
tepefactum vapore et compressu suo diffundit et elicit herbescentem ex eo viriditatem, quae nixa fibris stirpium sensim
adulescit culmoque erecta geniculato vaginis iam quasi pubescens includitur; ex quibus cum emersit, fundit frugem spici ordine
structam et fcontra avium minorum morsus munitur vallo aristarum.
Versione tradotta
Vengo
ora ai piaceri dei contadini, dei quali mi diletto in modo incredibile; ed essi non sono ostacolati in nessun modo dalla
vecchiaia e mi sembra che siano particolarmente conformi alla vita del saggio. Infatti i contadini hanno un rapporto con la
terra, la quale mai rifiuta il loro comando né mai restituisce senza interesse quel che ha ricevuto, ma talvolta ad un tasso
minore, il più delle volte maggiore. Per quanto mi diletti non solo il profitto, ma anche il vigore e la natura della terra
stessa: la quale, quando ha accolto nel suo grembo soffice e smosso il seme gettato, prima lo tiene occultato - da cui
"occatio" è detta tale operazione [oggi "erpicatura"], poi, riscaldato con l'alito e col suo abbraccio, lo schiude e fa
venir fuori da esso un'erbescente verdezza che, salda sulle fibre delle radici, a poco a poco cresce, e levandosi sul gambo
nodoso, quasi pubescente viene avvolto da guaine, dalle quali, quando vien fuori, produce un frutto costituito come una spiga e
contro le beccate degli uccellini si difende con una schiera di reste.
- Letteratura Latina
- De Senectute di Cicerone
- Cicerone
- De Senectute